Martin Eden, il film di Pietro Marcello del 2019, al suo esordio ha ricevuto molti riconoscimenti (una coppa Volpi al protagonista Luca Marinelli) riscuotendo clamorose approvazioni (Mereghetti sul Corriere, Morreale su Repubblica, Boille su L'Internazionale) ma altrettante autorevoli stroncature (uno su tutti Caprara su Il Mattino). Quindi è il classico film che divide la critica e che è necessario guardare per capire il motivo di tale diversità di reazione.
Piero Marcello ha adattato il romanzo di Jack London del 1909 portando la storia da San Francisco a Napoli e dall'inizio del secolo ad un non ben identificato dopoguerra, pur mantenendo i nomi originali dei protagonisti.
Come il romanzo, il film racconta il tentativo del giovane marinaio Martin - ambizioso ma privo di un'istruzione scolastica - di elevarsi culturalmente e socialmente attraverso letture e frequentazioni dell'alta borghesia e cercando l'affermazione come scrittore.
Quello che più è stato oggetto dei "rimproveri" della critica è stata la struttura della narrazione del film, considerata poco omogenea, divisa in episodi della vita del protagonista non ben collegati tra loro. Una serie di quadri scenici in cui ogni volta i personaggi sembrano reinventati, senza memoria.
Questi stessi elementi sono anche quelli che la critica favorevole ha considerato positivi, affascinanti e di grande impatto emotivo.
In realtà, quello che Pietro Marcello è riuscito a fare con il romanzo di London è davvero eccezionale. Un film molto curato da punto di vista estetico ambientato in una Napoli autentica seppur solo abbozzata, come un fondale di un'opera teatrale, tipo le commedie di Eduardo De Filippo che seppur ambientate in un preciso periodo storico ci risultano sempre attuali perché moderne sono le motivazioni che spingono i personaggi all'azione. La voglia di emancipazione di Martin, le sue contraddizioni, i suoi continui ripensamenti, l'altalenarsi tra individualismo e coscienza politica sono tipiche di qualsiasi periodo storico così come gli epiloghi a cui portano le lotte interiori.
Recitazione di alto livello sia del bravissimo Luca Marinelli (perfetto il suo Napoletano) che dell'inossidabile Carlo Cecchi e il sempre sorprendente Vincenzo Nemolato.
Spiazzante l'uso delle canzoni non originali (da Daniele Pace a Teresa de Sio) ma di grande effetto.
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