Forse non tutti
sanno che – o l’hanno dimenticato – i Jackal si chiamano così perché le loro
prime produzioni si basavano su parodie e mash-up di capolavori del cinema.
Oggi, dopo una
gavetta di videomaking che parte dalle VHS ed arriva al web, i Jackall approdano
al cinema vero e la loro prima produzione non può che essere ancora una parodia
di genere.
Attenzione però. Il
genere che i Jackal parodizzano in “Addio fottuti musi verdi” è un genere che in
Italia è stato poco frequentato.
I Jackal puntano
in alto mirando alla commedia Sci-fi, andandosi a confrontare direttamente con
titoli del calibro di “Balle Spaziali”, “Guida galattica per autostoppisti”, “Donne
amazzoni sulla luna” e “Men in black” evitando in questo modo qualsiasi
confronto con colleghi italiani (a parte “Fascisti su Marte” di Guzzanti).
Con quale risultato?
Beh, come poteva venir
fuori una commedia fantascientifica in cui un ragazzo napoletano tutto mamma,
birra e pizza deve difendere la terra dall’attacco degli alieni?
Tutto sommato è venuto decisamente bene. Un prodotto altamente professionale, tecnicamente
ineccepibile (a tratti addirittura sorprendente) e che più volte (non sempre) assolve a
quello che è l’obbiettivo primario di una commedia: far ridere.
Promossi
al cinema certamente i Jackal, con un debutto che soddisfa le aspettative di chi attendeva da tempo (con benevolenza) e che fa intravedere
l’inizio di un percorso molto interessante.
Però.
Il
film “Addio fottuti musi verdi” è come un assolo di chitarra blues: ti
rimangono impressi l’attacco e il finale; quello che c’è in mezzo è pura
improvvisazione.
Sì,
perché tra l’inizio travolgente e il finale esplosivo, quello che c’è in mezzo
nel film è un susseguirsi di citazioni (sciacalli!), autocitazioni e trovate in
pieno stile Jackal (meta cinema, voce fuori campo, virtuosismi e battute in
dialetto) che fanno pensare che Capaldo & co. abbiano avuto più interesse a
compiacere la ben nutrita schiera dei loro fan che non conquistare nuove fasce
di pubblico.
Se non fosse una scelta ben precisa (anche di Cattleya e Rai Cinema che li hanno
prodotti) allora si potrebbe parlare di classico problema degli esordi
cinematografici di personaggi popolari. Anche il primo film di Verdone riportava
le gag di “Non Stop”, così come nel primo film di Zalone il protagonista era il
cantante neomelodico di Zelig.
In
ogni caso siamo comunque anni luce dai film piatti e inutili provenienti da
Made In Sud (“Troppo Napoletano”, “Vita Cuore, Battito” e porcate del genere) o
le imbarazzanti cinepippe di Siani.
Riguardo al cast, è impossibile non esprimere l'ammirazione per quella maschera che è Fabio Balsamo. Promosso a pieni voti nel suo ruolo comico (non spalla di Ciro Priello) che ricorda molto Lello Arena non solo per il modo di parlare ma per quel suo saper essere divertente ma mai buffo, e tantomeno volgare.
Brava anche Beatrice Arnera (per me una nuova conoscenza) e divertenti le caratterizzazioni di Rosalia Porcaro, Fortunato Cerlino e Salvatore Esposito.
Ma una menzione speciale va a Gigi D'Alessio del quale non pensavo di poter mai parlar bene. Una grande prova di intelligenza e autoironia non comune tra personaggi del suo calibro.
In conclusione, com'era da aspettarselo, questo dei Jackal è senz'altro il miglior contributo al cinema proveniente dal mondo del web visto sinora. Nemmeno paragonabile a quanto fatto da Willwosh, i Pills e l'imbarazzante Dylan Dog della Tinburtina.
Andate al cinema a vederlo, vale la pena vederlo e sostenere i Jackal.