26 ottobre 2016

L'exploit di The Young Pope e il declino del doppiaggio televisivo.

E se dicessi che, almeno basandomi sulle prime due puntate, The Young Pope è la cosa migliore che ha fatto Paolo Sorrentino da "Le conseguenze dell'amore"
La serie di Sky con Jude Law, Diane Keaton e Silvio Orlando ha avuto un avvio scoppiettante sia per gli ascolti che per l'accoglienza di chi, anche un po' preoccupato, aspettava l'esordio del premio Oscar napoletano nel fantastico mondo delle Serie TV.

La realizzazione scenica ai massimi livelli ce l'aspettavamo, ma che il sorrentinismo (silenzi, inquadrature lunghe, musiche evocative, inserti pop, ritmi dilatati) si potesse sposare con i tempi brevi degli episodi televisivi ci ha sorpreso. 
In The Young Pope ritroviamo la qualità cinematografica e la scrittura d'autore, ma anche l'azione e l'intrigo (la famosa "trama" della parodia di Crozza).
Una piccolissima nota stonata è rappresentata dal doppiaggio, ma ne deve essere conscia sicuramente anche la produzione dal momento che per la prima volta (credo) Sky invita gli spettatori a godere dello spettacolo in lingua originale (inglese) sottotitolata, mortificando di fatto il lavoro dei doppiatori. 
In effetti, mentre gli attori americani sono doppiati da professionisti del doppiaggio come Riccardo Onorato e Melina Martello, l'autodoppiaggio dei nostri Silvio Orlando e Gianluca Guidi appare molto artefatto, a discapito della loro comunque eccezionale performance (soprattutto per Orlando).

Che il network stesso inviti a fare a meno del doppiaggio per un prodotto mainstream è certo un segnale forte e importante. Probabilmente siamo di fronte ad un cambiamento radicale nella nostra distribuzione, avviandoci ad uniformarci a quei paesi dove il doppiaggio è meno praticato.
Forse siamo pronti al cambio di rotta; in fondo, mezza Italia ha già seguito Gomorra la serie coi sottotitoli.

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