di Ferdinando Carcavallo
"Tutto quello che non ci siamo detti" non e' nella top 100 di Youtube, non e' una web serie e nemmeno un video virale. E' un cortometraggio di quindici minuti, scritto e diretto dal giovanissimo Giovanni Dota, proiettato al Martos martedi scorso nell'ambito del benemerito NapoliFilmFestival. C'e' una pistola nella prima sequenza, i ragazzi protagonisti parlano dialetto napoletano, l'atmosfera e' notturna e cupa ma nonostante cio' non e' il solito - a volte lodevole -cinéma vérité della periferia degradata partenopea. Tutt'altro. Una storia d'amore e di amicizia che si fonde con la finzione cinematografica in un gioco di scambio delle parti terapeutico.
Non c'e' tragedia, non c'e' dolore, non c'e' una citta' che prende il sopravvento sulle vite dei giovani ma esattamente il contrario.
La storia del triangolo amoroso dei tre ragazzi apre le porte ad una generazione che in altri contesti appare condannata ad essere sopraffatta dagli errori della generazione precedente. La professionalita', l'inventiva, l'originalita' e la sicurezza con le quali questo piccolo film e' stato realizzato, sia in scrittura che tecnicamente, sono elementi che, personalmente, mi riconciliano con questa citta' e con un'arte - il cinema - che sembrava condannata a diventare piccola come il suo surrogato catodico.
I tre attori, Eduardo Scarpetta, Martina Querini e Giovanni Buselli, sono eccezionali e contribuiscono non poco alla riuscita del corto con la loro espressivita' e la dizione napoletana che in molti trascurano.
Non e' certamente un caso che Giovanni Dota - gia' autore del corto Buona Fortuna e assistente alla regia di Gomorra La Serie - sia un ex allievo della scuola di cinema Pigrecoemme. Il talento non si impara, ma la tecnica si' e senza una buona scuola un film cosi', con quei primi piani, quelle inquadrature e quelle trovate narrative, non le fai mai.
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