C’è tutto il Pastrello che conosciamo (e apprezziamo) in questa nuova produzione del regista veneziano: sia il Pastrello che ama raccontare storie utilizzando immagini mute, sia quello che fa correre e scappare da “qualcosa” i suoi personaggi.
“Inhumane resources”, quindi, è molto più vicino a “32” che non al più recente “Ultracorpo”, in cui la direzione degli attori e la scrittura dei dialoghi avevano fatto pensare ad una virata di Michele verso una narrativa più classica, seppure condita di metafore e sottotrame.
Stavolta il focus è sul mondo del lavoro, un mondo spietato e crudele nella visione dell’autore in cui la selezione del personale è un vero e proprio gioco al massacro.
Quattro contendenti si affrontano in una guerra senza armi e senza regole per arrivare alla sopravvivenza e all’agognato stipendio, perdendo strada facendo tutte le caratteristiche di umana compassione e solidarietà. Mors tua vita mea, insomma. E' evidente che se da un lato perdere il lavoro sta diventando sempre più facile, cercarne uno può costare addirittura la vita.
Un lavoro che nobilita l’uomo rendendolo simile alla bestia.
“Inhumane resources” non è uno di quei cortometraggi che contano sull’effetto finale, tanto che la sinossi diffusa dall’autore spiega dettagliatamente il “gioco” al quale i protagonisti partecipano e il premio in palio.
Tutto giocato su espressioni, movimenti e rincorse della macchina da presa, “Inhumane resources” trova il suo punto forte nel ritmo serrato e nelle musiche che accompagnano le riprese dell’arena. Apprezzabile anche la fotografia fredda e leggermente vintage, forse a voler ricordare il “gioco-caccia” de “La decima vittima” di Elio Petri col quale il film di Pastrello ha più punti in comune.
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