Un film sulle elezioni presidenziali USA. Anzi, stavolta di parla delle primarie del partito democratico. Il duello spietato tra i team dei due candidati che non risparmiano colpi bassi per accaparrarsi il voto degli elettori repubblicani indecisi. Questa è l'unica idea originale de "Le idi di marzo": non si tratta di un match in cui si contrappongono due politiche, due diverse visioni della società, ma una lotta intestina di una parte non compatta.
Corruzione, tradimento, arrivismo spietato, spionaggio, scandali sessuali. Gli elementi ci sono tutti. Il candidato Morris (più a un Clinton raffinato che Obama) interpretato da George Clooney non è il protagonista della storia che passa piuttosto attraverso i membri del suo team che sono poi anche i veri candidati dal momento che da loro arrivano anche le proposte per il programma politico.
Nonostante ciò il film di Clooney è un continuo deja vu. Anzi, parlerei di un "trop vu" se solo esistesse l'espressione.
Le dinamiche della politica americana ci sono state presentate tante di quelle volte che quasi le comprendiamo meglio delle nostre. Si tratta alla fine di un americanissimo film, pieno di bandiere stelle e strisce, comizi, talk show, uffici stampa, whisky e musica jazz. La regia di Clooney, come in passato, appare sempre abbastanza statica, incentrata su primi piani (vizio comune a molti attori-registi) e lunghe chiacchierate. In definitiva un film che non fa una grinza dal punto di vista tecnico e non fa altro.
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