Già di suo Lanterna Verde non mi è mai stato troppo simpatico: un supereroe by Dc Comics (la stessa casa editrice di Batman e Superman) di origine extraterrestre, una sorta di superpoliziotto intergalattico, con poteri illimitati (o meglio, limitati solo dalla propria immaginazione), con un Anellone del Potere che va ricaricato periodicamente (più o meno come un cellulare, ma con un caricabatterie un po’ più ingombrante), declamante una formula ultra-kitsch come andava molto nella Golden Age, che per sconfiggere i cattivi non trova metodo migliore che materializzare martelloni e schiacciamosche giganti. È anche vero che negli ultimi anni il personaggio ha goduto di buoni cicli fumettistici, con delle saghe sci-fi scritte bene e degne di nota, ma il film di Martin Campbell (un grigio curriculum di 007 e Zorro alle spalle) ammoscia tutto. Pare che si cerchi di ricreare il piglio frizzante del primo Iron Man, ma il fallimento è inesorabile. In particolare una sceneggiatura elementare (nel senso peggiore del termine), piena di buchi, superficialità e dialoghi convenzionali, affonda un film che difficilmente riuscirà a fare da primo tassello per un universo di celluloide simile a quello che sta costruendo la Marvel. Ma, anche evitando i confronti con la diretta concorrenza, il film è semplicemente brutto e banale. Si salvano solo gli effetti speciali.
Lanterna verde (Green lantern)
di Flavio Ignelzi
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