06 settembre 2011

Cose dell'altro mondo

di Ferdinando Carcavallo

Non sono bastate le motivazioni condivisibili che stanno alla base di “Cose dell’altro mondo” per farmelo apprezzare. Così come non bastano la simpatia di Valerio Mastandrea, la bellezza di Valentina Lodovini (non posso mai fare a meno di ricordarla in Pornorama alle prese con la macchina da cucire) e gli sforzi macchiettistici di Diego Abatantuono.
Il film di Francesco Patierno è in fin dei conti un corto allungato con molta, molta acqua. Per abbondanti tre quarti nel film non accade nulla. Si gira a vuoto, si ripetono concetti già del tutto chiariti e approfonditi.
La trama è cosa nota. Un giorno, d’improvviso, in Italia spariscono tutti gli extracomunitari. In una cittadina del Veneto questa improvvisa mancanza mette in crisi la società e l’economia. Uno spunto così (non originale ma ispirata a A day without a mexican di Sergio Arau) avrebbe potuto innescare situazioni sarcastiche, drammatiche infinite, ma il regista decide di rappresentare soltanto qualche banale quadretto di disagio quotidiano. Il film è stato accolto con molto entusiasmo a Venezia, ma immagino che sia stato solo per uno spunto polemico. Polemica tra l’altro abbastanza forzata. I “razzisti” del film, che prima vogliono cacciare gli extracomunitari e poi piangono la loro assenza, non sono delle camice verdi ma soltanto dei provinciali dalle vedute molto limitate, una società rurale xenofoba per arretratezza culturale e non per appartenenza politica.
Il film non si riscatta nemmeno nel finale, che comunque rappresenta la fine di una noiosa esperienza.
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