06 giugno 2011

Infernapoli, di Peppe Lanzetta

di Flavio Ignelzi

È un romanzo che restituisce immagini palesemente cinematografiche, l’ultimo di Peppe Lanzetta: fotogrammi colorati e grotteschi, personaggi sgargianti e sopra le righe, ambientazioni di cartapesta come la violenza e il lusso rappresentati. Potrebbe essere un film di Antonio Capuano filtrato attraverso la sensibilità almodovariana di Pappi Corsicato, questo “InferNapoli” pubblicato da Garzanti. La storia è quella di una famiglia di camorristi, manco a dirlo, e già questo potrebbe garantire la defenestrazione del libercolo da parte di chi, come il sottoscritto, va in irritazione spontanea ogni qual volta scorge il nome di Saviano sulle fascette trasversali di un qualsiasi tomo sulla malavita napoletana. In questo caso il collegamento a Saviano c’è, e non è proprio aria fritta. “A Peppe Lanzetta che per primo ha messo viso e mani all’inferno” è la dedica vergata dal giornalista/scrittore partenopeo sulla copia di “Gomorra” regalata a Lanzetta. Il quale ha liberato la propria vis tragica (e anche quella comica, se è per questo) in un’ennesima epopea malavitosa. Vincent Profumo è un boss cinico e crudele, amante di Maria Callas (la cui voce lo fa commuovere ogni volta), che ha ribattezzato i sui tirapiedi come i personaggi delle opere di cui è fanatico (Rigoletto, Falstaff, Lohengrin, Andrea Chénier) e le tre figlie con il nome della diva (MariaSole, MariaLuna e MariaStella). La sanguinaria guerra con la mafia cinese per il controllo del territorio è una sorta di pretesto per raccontare di un uomo solo, depresso, paranoico, perso nel suo sfarzo ultrakitsch e nelle sue debolezze sessuali, in un crescendo di brutalità tra i vicoli di una Napoli che assomiglia effettivamente ad un Inferno sulla terra. Forse non c’è più molto di cui sorprendersi, quando si legge di camorra, ma il dualismo debolezza/efferatezza colpisce ancora nel segno, soprattutto grazie al trasporto pulp ostentato dal bravo Peppe Lanzetta. L’importante è non fare di un personaggio negativo un modello tarantiniano cui assomigliare.




1 commenti:

alduccio ha detto...

Crudo e crudele ... Da piangere, da ridere, da urlare per le ingiustizie raccontate nel libro.

Aldo