di Ferdinando Carcavallo
Tra qualche giorno a Napoli avremo un nuovo sindaco. Purtroppo l’esito del voto non sarà determinato da chi andrà a votare ma anche da chi non ci andrà (forse soprattutto).
Quella dell’astensione, infatti, è il problema più grande della democrazia, dal momento che non si può obbligare una persona ad andare al seggio, tantomeno controllare che metta una croce da qualche parte una volta in cabina.
Ma l’astensione che più mi preoccupa è quella per i referendum del 12 al 13 giugno, in cui il popolo degli astenuti, oltre ad offendere chi andrà a votare, metterà in risalto l’immaturità e l’incoscienza di un paese.
La propaganda per questi referendum, su giornali e televisione, è praticamente pari a zero, a differenza delle amministrative per le quali la chiamata alle urne raggiunge toni quasi persecutori.
Del resto è naturale se si pensa che le elezioni servono a distribuire privilegi alla classe dirigente mentre i referendum sono ad esclusivo interesse del popolo. In questo caso poi, un'eventuale vittoria dei SI ai referendum sarebbe addirittura deleterea per gli interessi privati di chi gestisce la cosa pubblica.
Se si raggiungesse il quorum (il 50% +1 alle urne) la conclusione che ne trarrebbe la nostra classe politica sarebbe terribile: il popolo italiano è interessato alla propria sopravvivenza.
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