di Ferdinando Carcavallo
Non capita spesso, ma quando capita è bellissimo. Parlo della circostanza di ritrovare lo spirito e la verve di uno scrittore che amiamo dopo una delusione.
Personalmente "Come dio comanda" non mi aveva entusiasmato, anzi avevo avvertito tra le tante pagine di quel romanzo una certa stanchezza di Niccolò Ammaniti, pur se ispirato e impeccabile nelle descrizioni come al solito. Quel romanzo mi aveva quasi fatto pensare che l'Ammaniti di "Fango", "Io non ho paura" e "Ti prendo e ti porto via" fosse ormai cresciuto troppo e quindi adagiatosi su atmosfere più cupi e ritmi più lenti.
Mi sbagliavo, ringraziando iddio.
Il nuovo romanzo di Ammaniti "Che la festa cominci" recupera alla grande tutte le mancanze del precedente lavoro. Le storie che si intrecciano sono due, una - al limite della follia - fatta di sette sataniche all'amatriciana e improbabili sacrifici umani e l'altra che racconta il declino di uno scrittore "alla moda" che si vede abbandonato da editori e donne. A queste se ne aggiunge come sfondo una terza, forse la più ammanitiana, dove protagonista è un palazzinaro con fama di immortalità che organizza un indimenticabile Zoo Safari nel centro della Capitale. Un evento che, inutile dirlo, sarà sicuramente ricordato per un disastroso epilogo.
Accogliamo con un URRAH! il ritorno in libreria di Niccolò Ammaniti. E speriamo che nessun regista in cerca di spolvero mortifichi lo scritto con un film mediocre.
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