di Ferdinando Carcavallo
Era l'anno 2000 quando, entusiasta del mio nuovissimo lettore DVD, cominciai a comprare tutto quello che allora il mercato offriva per rivedere in digitale i miti della mia infanzia. Fu così che comprai un'edizione in DVD de "Le avventure di Pinocchio" di Luigi Comencini. Ma, haimè, si trattava di una bruttissima versione dello sceneggiato, piena di tagli e rimontata in maniera pressocchè casuale, per cui quello che si vedeva era una serie di schetch slegati, degli estratti a volte anche non legati nel giusto senso narrativo.
Mancavano, ad esempio, la scena di Pinocchio in carcere, Geppetto dal comandante dei carabinieri, Pinocchio che incontra il mostro di cartapesta e altro.
A questa edizione dello scenggiato, più che al romanzo di Collodi, deve essersi ispirato Alberto Sironi nel sue remake de "Le avventure di Pinocchio" andato in onda domenica e lunedi su Rai Uno in un orario da nottambuli.
La fiction di Sironi, peraltro lodevole regista di Montalbano, sembra aver del tutto ignorato il romanzo andando direttamente ad attingere dallo script (e dalla regia) del mitico scenggiato degli anni '70, giusto aggiungendo qualche trascurabile particolare, come il pretestuoso personaggio di Margherita Buy e l'umanizzazione del glillo parlante ad opera di Luciana Littinzetto.
Comencini (con la collaborazione di Suso Cecchi D'Amico) per motivi di budget dovette trovare un espediente per ridurre al minimo le scene del burattino animato e così si inventò l' "anticipo" del miracolo subordinato alla buona condotta. Oggi tale espediente pare alquanto fuori posto e sarebbe stato più giusto rappresentare un Pinocchio di legno (più credibile di quello comunque utilizzato) così come dalla favola di Collodi e trovare altrove l'occasione per far qualcosa di diverso.
Evitiamo ovviamente di paragonare Bob Oskins a Nino Manfredi, Bertorelli e Pannofino a Franchi e Ingrassia, senza menzionare la Lollobrigida, Lionel Stander e finanche il piccolo Andrea Balestri e nemmeno siamo qui a dire se sia più bravo Sironi o Comencini. Sarebbe stupido e ingiusto.
Notiamo soltanto che ci è sembrata molto strana questa operazione di Rai Uno, quella di ri-rappresentare il romanzo italiano più conosciuto a tutte le generazioni di italiani ancora in vita senza apportare davvero nulla di attrattivo. Nella rappresentazione è evidente quasi una noia, una certa forzatura nel raccontare una storia già raccontata un milione di volte.
Eppure è stato un errore in cui è incappato anche un grande esperto di successi come Roberto Benigni. Possibile che si facciano ancora certe stupidagini?
Mancavano, ad esempio, la scena di Pinocchio in carcere, Geppetto dal comandante dei carabinieri, Pinocchio che incontra il mostro di cartapesta e altro.
A questa edizione dello scenggiato, più che al romanzo di Collodi, deve essersi ispirato Alberto Sironi nel sue remake de "Le avventure di Pinocchio" andato in onda domenica e lunedi su Rai Uno in un orario da nottambuli.
La fiction di Sironi, peraltro lodevole regista di Montalbano, sembra aver del tutto ignorato il romanzo andando direttamente ad attingere dallo script (e dalla regia) del mitico scenggiato degli anni '70, giusto aggiungendo qualche trascurabile particolare, come il pretestuoso personaggio di Margherita Buy e l'umanizzazione del glillo parlante ad opera di Luciana Littinzetto.
Comencini (con la collaborazione di Suso Cecchi D'Amico) per motivi di budget dovette trovare un espediente per ridurre al minimo le scene del burattino animato e così si inventò l' "anticipo" del miracolo subordinato alla buona condotta. Oggi tale espediente pare alquanto fuori posto e sarebbe stato più giusto rappresentare un Pinocchio di legno (più credibile di quello comunque utilizzato) così come dalla favola di Collodi e trovare altrove l'occasione per far qualcosa di diverso.
Evitiamo ovviamente di paragonare Bob Oskins a Nino Manfredi, Bertorelli e Pannofino a Franchi e Ingrassia, senza menzionare la Lollobrigida, Lionel Stander e finanche il piccolo Andrea Balestri e nemmeno siamo qui a dire se sia più bravo Sironi o Comencini. Sarebbe stupido e ingiusto.
Notiamo soltanto che ci è sembrata molto strana questa operazione di Rai Uno, quella di ri-rappresentare il romanzo italiano più conosciuto a tutte le generazioni di italiani ancora in vita senza apportare davvero nulla di attrattivo. Nella rappresentazione è evidente quasi una noia, una certa forzatura nel raccontare una storia già raccontata un milione di volte.
Eppure è stato un errore in cui è incappato anche un grande esperto di successi come Roberto Benigni. Possibile che si facciano ancora certe stupidagini?
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