di Ferdinando Carcavallo
Una mascalzonata. Con questa espressione Giulio Andreotti sintetizzò la sua opinione sul film di Paolo Sorrentino senza comunque avviare nessuna azione censoria o intimidatoria nei confreonti dell'opera.
Allo stesso modo, anni prima, Michael Moore realizzava il documentario "Farheneith 9/11" in cui senza mezzi termini accusava (documentando ogni affermazione) il presidente in carica George Bush di tutto il male possibile (broglio elettorale, traffico d'armi, complotti vari) fino quasi ad additarlo come il responsabile della strage dell'11 settembre. Quel film trovò distribuzione in tutto il mondo ed ancora oggi viene passato sulle TV e venduto in DVD.
Oggi, nella piccola Italia di Berlusconi, il documentario "Videocracy" di Erik Gandini viene repinto dai media televisivi (o meglio dall'unico media televisivo) che si rifiutano di passare il trailer. La prima cosa che viene in mente è che il fenomeno rientri nella famigerata "strategia d'autunno" del nostro premier che, oltre a querelare giornali non allineati e epurare le televisioni, tenti di zittire una ulteriore voce di dissenso.
Ma a ben vedere il documentario in questione non è un atracco diretto a Berlusconi, bensì qualcosa di più ancora pericoloso per il regime mediatico di cui siamo vittima da 20 anni. Il film di Gandini mostra come la televisione in Italia sia in grado può orientare, sconvolgere, involgarire un popolo senza che questo nemmeno se ne accorga. Il vero obiettivo di Videocracy (titolo abbastanza esplicativo) è la televisione, questa arma potentissima in grado di mortificare la dignità di un paese oggi in mano ad un politico in evidente declino ma che ormai ha già avviato un processo di imbarbarimento collettivo che difficilmente potrà essere arrestato .
1 commenti:
io sono anni che predico che da quando c'è una certa rete.... vabbe'. Me lo vedrò
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