di Flavio Ignelzi
Ottobre 1985: gli Stati Uniti d’America hanno vinto la guerra in Vietnam (annesso come 51° stato) grazie al contributo decisivo di due supereroi (il Dottor Manhattan ed il Comico); Nixon è stato eletto presidente per la quinta volta (perchè il XXII emendamento è stato abrogato e lo scandalo Watergate evitato), la tensione tra Usa e Urss è a livelli altissimi (soprattutto in seguito all’invasione dell’Afghanistan da parte dei russi), l’orologio dell’apocalisse segna cinque minuti alla mezzanotte, tutte le attività dei vigilanti in maschera sono state dichiarate illegali dal decreto Keene, il newyorkese Edward Blake muore lanciato dal 23° piano di un palazzo. Edward Blake era il Comico, ormai ritiratosi a vita privata. Che qualcuno abbia iniziato a far fuori tutti gli eroi in maschera? E’ quello che vuole scoprire Rorschach, vigilante fuorilegge e poco ortodosso.
Come è facile intuire, il mondo distopico creato da Alan Moore e Dave Gibbons nella loro celebre miniserie in 12 parti a nome “Watchmen” è qualcosa di articolato e profondo, impossibile da condensare in poche righe. Una complessità ottundente per una delle più importanti opere letterarie del secolo scorso (Time l’ha inclusa tra i “100 migliori romanzi in lingua inglese dal 1923 al 2005”), un grande affresco corale immerso in un contesto socio-politico alternativo che possiede molteplici livelli di letture e svariati giochi meta-fumettistici. E’ naturale che il regista Zack Snyder, quindi, sia stato costretto a fare opera di riduzione, quasi di sottrazione. In tre ore scarse di film, “Watchmen” però evidenzia l’importante risultato di essere sostanzialmente coerente e senza buchi narrativi grossolani. Più che la mera conformità al testo origine, tuttavia, appare centrata in pieno la fedeltà ai personaggi, alle ambientazioni urbane (piena guerra fredda), alle riflessioni politiche dello scrittore inglese (che in una qualche misura completano/complementano quelle di “V For Vendetta”, dello stesso autore). Con una messa in scena dura e spettacolare, violenta e splatter più del praticato in ambito blockbuster, il regista statunitense realizza un prodotto difficile, virile, maturo, non certo per adolescenti. Se da un lato la cifra hard-boiled del diario di Rorschach funziona meno sul grande schermo che sulla carta, dall’altro una trascinante colonna sonora d’annata (“The Times They Are A-Changing” di Bob Dylan sui titoli di testa: wow!), scene d’azione devastanti e ralenty mozzafiato (cfr. “300”) garantiscono uno spettacolo che va oltre il semplice entertainment, riuscendo nel difficile intento di soddisfare sia il lettore nostalgico (che rimarrà con tutta probabilità affascinato) che lo spettatore occasionale. Ottimo risultato, per un giovane regista videoclipparo in palese ascesa.
1 commenti:
recensione molto equilibrata e obiettiva, complimenti.
Non ho mai letto il fumetto e non mi appassionano le storie dark ma devo dire che il film è sicuramente apprezzabile.
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