di Ferdinando Carcavallo
Lo sguardo di Giancarlo Siani quando si vede davanti le canne di due pistole quella maledetta sera del 1985 non è di panico e nemmeno di sorpresa. Uno sguardo che sembra dire "Sì, lo sapevo, pero' non è così che dovrebbero andare le cose" o più semplicemente "Mi hanno fregato. Lo sapevo che non dovevo fidarmi".
Quello di Giancarlo è lo sguardo di chi non odia (e non teme) il suo aguzzino sapendo benissimo che quelle bestie e i loro diretti mandanti in fondo non sono che pedine di un gioco di affari e interessi in cui i partecipanti non hanno speciali requisiti morali e culturali. Un gioco in cui politici e assassini giocano le loro mosse con la stessa disinvoltura e il cui premio finale (potere+danaro) alletta tutti senza sfumature.
Mi piace pensare che gli ultimi quattro mesi Giancarlo Siani li abbia passati a raccogliere quel materiale che trent'anni dopo il regista Marco Risi ha portato sullo schermo in un bellissimo film che sfugge allo stereotipo di biopic di un eroe moderno per andare oltre e regalare a Giancarlo la rappresentazione dettagliata di quelle "cose" che il giovane cronista aveva visto, sentito e raccolto.
Non è bello, invece, pensare che dopo tutti questi anni le stesse "cose" continuano ad accadere ed a costare la vita e la libertà di chi osa parlarne.
Con Fortapàsc Marco Risi non solo riscatta se stesso dopo l'incidente di "Maradona: la mano de d10s" ma supera a pieni voti il temuto confronto con Gomorra, film di tutt'altro genere e meno narrativo di quello del regista romano. D'altronde se Marco Risi avesse temuto un contronto non avrebbe certo assoldato in blocco quasi l'intero cast del film di Garrone.
Il film comunque, anche se lascia chiaramente trasparire che il giovane giornalista fu usato come cassa di risonanza dalla magistratura che conduceva le indagini sulla camorra torrese e poi successivamente abbandonato al suo destino, risulta un po' troppom politically correct. Risi, infatti, non prende una vera e propria posizione verso quelli che potevano e dovevano proteggere il prezioso lavoro di Siani (il giornale, la magistratura, le forze dell'ordine, le istituzioni).
Libero De Rienzo è molto bravo nell'impersonificazione fisica di Siani (a detta del fratello del giornalista) ma come spesso accade nei noir polizieschi i personaggi negativi sono quelli che più colpiscono, e qui una menzione la merita sicuramente Massimiliano Gallo - bellissimo il suo Valentino Gionta alla stregua di un Tony Montana torrese - ma anche il sempre perfetto e misuratissimo Ennio Fantastichini.
Per dovere di conaca, voglio ricordare che Giancarlo Siani ha ispirato un film indipendente nel 2003 intitolato "E io ti seguo" per la regia di Maurizio Fiume con Yuri Gugliucci e Carlotta Natoli. Il film fece un rapidissimo giro per i festival dove riscosse un certo successo e attirò qualche antipatia da parte dei giornalisti de "Il Mattino", i quali non hanno che da essere contenti per come il giornale è stato presentato nel film di Risi. Un piccolo film invisibile da recuperare, giusto per avere un'altra versione dei fatti che fa sempre bene.