21 dicembre 2007

Il vinile che puzza

di Ferdinando Carcavallo

Sempre più artisti stanno ricorrendo alla produzione di dischi in vinile apparentemente spinti da una voglia di antico del loro pubblico che si ribella all'era digitale. Le motivazioni sono tante, da quelle romantiche di voler recuperare il disco come oggetto di collezione e di arte grafica, fino a quelle tecniche, in quanto in molti ritengono che il suono (e il rumore) della puntina sia migliore e più vero della "discretizzazione" digitale del CD.

Ma il vero motivo di questo ripensamento è quello che sta più a cuore ai produttori discografici, ossia che il Long Playng non sia clonabile come un CD.

Resasi finalmente conto che il prodotto canzone non ha più quel valore commerciale che aveva in passato e che quello che in molti chiamano pirateria (parlo della duplicazione di cd e il reperimento di MP3 da Internet) altro non è che il nuovo mercato col quale tutti dobbiamo fare i conti, la cosa migliore che l'industria discografica è riuscita a fare per rendere più appetibile il proprio prodotto è stato spingere il mercato a fare un passo indietro.

E' come se la lobby dei carbonari rimettesse sul mercato le macchine a vapore. Un disperato tentativo di reazione all'impotenza con la quale finora l'industria discografica non è riuscita a seguire la tendenza del progresso. Una mossa vestita da "tendenza vintage" che (credo) avrà vita breve.

Viviamo tempi in cui i tramiti tra chi crea arte e chi la fruisce hanno sempre meno senso. Chi scrive un libro se lo pubblica e lo vende su sistemi di Print On Demand direttamente ai lettori. Chi fa musica si fa un sito personale e distribuisce i propri brani gratuitamente guadagnando in popolarità e affluenze ai concerti, oppure vendendo il CD ad un prezzo che non supera i 5 euro.

Non si può chiedere ai consumatori di sacrificare la propria economia (già per altro mediamente carente) nell'acqisto di un CD originale di 20 euro con il ricatto morale che masterizzare un disco uccide la musica.

Vendere un CD a 20 euro uccide la musica.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La tua è una conclusione logice e interessante, sei tra i pochi che non si è lasciato incantare, un altro è questo http://falsepercezioni.blogspot.com/2007/12/revival-del-vinile-ma-andiamo.html
Tuttavia, credo che il passo successivo al disincanto sia il profitto. Pensiamo a come noi consumatori possiamo trarre vantaggio da questa iniziativa delle major.

Anonimo ha detto...

veramente interessante come visione. il vinile è una moda imposta dalle major per racimolare qualche spicciolo.