di Ferdinando Carcavallo
Queste mie riflessioni su Ratatouille sono indicate per chi ha visto il film (semplicemente spoiler).
I migliori attori della stagione cinematografica 2007 sono dei topi.
Questa è la straordinaria e dura ammissione che bisogna fare dopo aver visto Ratatouille, con lo stesso coraggio con il quale il critico culinario Ego scrive la sua ultima recensione sulla cucina di Parigi dopo aver preso coscienza della natura di roditore del cuoco più bravo della città, e che quindi il paradigma "chiunque può cucinare" è incredibilmente vero.
Ratatouille è un film sul sogno, sul superamento dei propri limiti, sulla tolleranza, sulla convivenza, sull'abbattimento delle barriere culturali e dei pregiudizi.
La folla di topi che prima saccheggia la cucina del ristorante e poi provvede alla sua riabilitazione (anche se temporanea) è una chiara metafora sulla immigrazione, sull'integrazione possibile tra popoli apparentemente diversi ma che potenzialmente possono collaborare e vivere in armonia. Un messaggio forse retorico e buonista, ma stiamo parlando di un cartone animato, un qualcosa che, sebbene sia diventato adulto come genere, è pur sempre roba da ragazzini. Ed in fondo giusto i giovanissimi possono fare tesoro di messaggi di tolleranza, purtroppo.
Sul passo avanti dal punto di vista tecnico che l'animazione di Ratatouille rappresenta rispetto al meraviglioso "Gli incredibili" è stato detto già molto, e non posso che sottoscrivere che il CGI è ormai cinema a tutti gli effetti
Il personaggio del cuoco per caso Linguini di origine italiana, impacciato e nasone, che si innamora della chef francese ricorda molto il Sergio Castellitto di Ricette d'amore (al quale Hollywood ha già dedicato un insipido remake con Catherine Zeta Jones).
2 commenti:
Già da tempo i personagi digitali recitano meglio d (alcune) star.
Ale
Comunque la faccenda di Castellitto è vera. Io ho vito quel film (tedesco?) e a pensarci i personaggi sono molto simili...
sempre Ale
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