24 marzo 2007

The good German

di Ferdinando Carcavallo

Tanto di cappello a Soderbergh che ogni volta che fa un film conferma di essere uno che nel cinema sa fare praticamente tutto e con ottimi risultati. L’ultimo suo film che ho visto è stato Bubble che mi ha commosso e sorpreso. Un film, oserei dire, completo. Perfetto.
The good german, manco a dirlo, è un film di tutt’altro tono, come è omai giusto aspettarsi dal regista.
Dico subito che è un bel film, un bellissimo film degli anni ’40. Anzicchè semplicemente ambientare nella Berlino dell’immediato dopoguerra la storia della ricerca da parte di Russi e Americani di un cittadino tedesco particolare, Soderbergh ha creduto più efficace per la rievocazione delle atmosfere dell’epoca calare tutta la produzione del film in quel contesto. Lo aveva già fatto con le stesse motivazioni Spielberg con Schindler List, ma mentre in quel caso il regista si era ispirato ai cinegiornali, in questo Soderberg si è riferito ai classici del cinema. I modelli (o riferimenti) ai quali il regista americano si è ispirato non solo solo i maestri americani come Hawks e Curtiz, ma anche i neorealisti italiani, primo tra tutti il Rossellini di Roma città a perta e Germania anno zero.
Tutto del film ci riporta agli anni ’40: la recitazione, la fotografia, i chiaroscuri, mentre la modernità traspare dalle atmosfere erotiche decisamente troppo azzardate per l’epoca e la scorrettezza politica di alcuni ricostruzioni storiche.
Il finto cinematografico, che in altri recenti casi trovo insostenibile per più di 10 minuti, è realizzato al meglio e senza sbavature o forzature. Kate Blankett è incredibilmente a suo agio nel bianco e nero, mentre invece appare ancora troppo colorato Tobey Maguire. In questo caso il simbionte non ha agito fino in fondo.

1 commenti:

BenSG ha detto...

L'ho perso.

Devo ancora capire se volutamente o no...


BenSG