28 dicembre 2007

24 grana: Ghostwriters

Ghostwriters……scrittori senza volto, narratori sconosciuti di storie che ogni giorno ci accadono sotto gli occhi o solo nella nostra mente……storie che raccontano il disagio, l’amore, il sangue…la speranza.
Nove storie che “il cardillo” Francesco Di Bella, ascolta mentre vola nella “risacca del cielo” di una grande metropoli occidentale, storie tradotte nei versi e nelle musiche che danno origine ai brani di questa nuova opera.

Dopo quattro anni di silenzio discografico, i 24 Grana, Francesco Di Bella, Armando Cotugno, Renato Minale, e Giuseppe Fontanella, pubblicano per la loro storica etichetta il quinto lavoro in studio dopo “Loop”, “Metaversus”, “K album”e“Underpop”.
Semi ignorati dalle radio e dalle televisioni, i 24 Grana, giunti al decimo anno di attività, continuano ad essere uno dei gruppi più richiesti per concerti, dimostrando con i fatti che esistono, per fortuna, ancora tantissime persone che sanno scegliere con la loro testa.
A questo pubblico, principalmente i 24 si rivolgono con il loro nuovo CD, cioè a chi è ancora disposto ad ascoltare la musica, a dedicare un po’ di tempo per cercare di capire……e farsi coinvolgere.
Nove brani inediti, due in italiano, realizzati con la produzione artistica di Daniele Sinigallia, registrati, per la prima volta in “trasferta” a Roma, circondati e coccolati da tanti amici e collaboratori.
Amici che hanno arricchito il Cd del loro contributo come Riccardo Sinigallia in “Avere una vita davanti”, Marina Rei in “Smania ‘e cagnà” e Filippo Gatti in “Le Verità” come Max Gagliardi, figlio del grandissimo Peppino, che ha suonato il piano ed ha scritto le parti per gli archi, come Claudio Martinez che ha fatto splendide foto e ha suonato l’armonica in “Accireme”.

Esclusivamente On Line (http://www.lacanzonetta.it/) sarà possibile acquistare in tiratura limitata, il CD con allegato il libro realizzato da Roberto Amoroso con i nove brani tradotti in emozionanti immagini; sarà anche possibile, sempre On Line l’acquisto dell’ edizione in vinile (500 copie).

Leggi la recensione.

http://www.24grana.it/
http://www.24granazone.com/
http://www.lacanzonetta.it/

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27 dicembre 2007

Lo spaccacuori

di Ferdinando Carcavallo

Non è che per ogni film che vedo scrivo un post. No. Scrivo qualcosa su un film solo se mi ha in qualche modo colpito. Capita spesso - molto spesso - che un film mi lasci senza nulla da dire, nel bene e nel male. Ad esempio, io da anni vedo tutti i film di Pieraccioni, perchè mi è simpatico e i suoi film, se non mi sorprendono, almeno non mi infastidiscono e mi divertono, pur non sentend il bisogno di dire nulla. Lo stesso accadeva per i film con Ben Stiller. Da Tutti pazzi per Mary a Ti presento i miei e Mi presenti i tuoi il mio rapporto con Stiller è stato di stima (reciproca?) fino a quando non mi ha pesantemente ferito con Lo spaccacuori.
Lo spaccacuori è un film stupido che non permette di starsene zitto. Dopo averlo visto ho sentito l'istinto di urlare "NON GUARDATE QUESTO FILM!!" dalla finestra di casa, e se non l'ho fatto è solo per quell'angelo di creatura che (furbamente) si era addormentata a 20 minuti dall'inizio.
Con l'ambizione di una comicità politicamente scorretta, i Farrelly Bros. mettono in scena il solito Stiller imbranato e nevrotico alle prese con una storia assurda e in alcuni momenti antipatica (l'accanimento del "nostro eroe" contro una ragazza che ha il difetto di essere povera e allegra) che non solo non fa ridere (tranne che per le smorfie consuete di Stiller) ma non segue nessun percorso divertente, sforando anzi compiacevolmente nel trash.
Ciliegina sulla torta un cameo della sex simbol più insignificante della storia del cinema Eva Logoria nel finale.
Sublimazione dopo i titoli di coda con la moglie ripudiata che fa sesso in un appartamento con un cavallo (sic!)
Fa piacere, comunque, che un film così irrimediabilmente stupido non sia stato girato in Italia e possiamo dire che una volta tanto i nostri cinepanettoni (Pieraccioni e De Sica) assolvono il loro compito al meglio.
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Eastern promises

di Ferdinando Carcavallo

Se è vero che il titolo italiano "La promessa dell'assassino" poco si adatta alla natura del film, è anche vero che "La promessa del marinaio", per quanto egualmente imbarazzante, avrebbe rispecchiato meglio quello che il film di David Cronenberg rappresenta.
Le promesse non mantenute in questo film sono molte. A cominciare da quella di rappresentare il capolavoro del regista canadese. Siamo lontanissimi non solo dalle genialità stilistiche di "Scanners" e "Videodrome", ma anche da lavori meno inspirati ma comunque personali come "La mosca" e "eXistenZ" (senza parlare di "Spider" e "Crash").
Il problema di Eastern Promises, oggettivamente un buon gangster movie, è che di Cronenberg non ha quasi nulla. Meno ancora di quanto non ne avesse "A history oif violence" dove almeno un paio di scene portavano la firma inconfondibile dell'autore di Shivers.
Altra promessa non mantenuta, o meglio sarebbe parlare di leggenda metropolitana, è la bravura di Viggo Mortensen, del quale si dirà che l'inespressività era una prerogativa del ruolo, ma a ben vedere il confronto col sempre più fastidioso Vincent Cassel non sempre gioca a favore dell'attore americano. Anche gli altri attori, Naomi Watts e Armin Mueller-Stahl sono molto sulla loro media senza particolari picchi e molto fuori dell'atmosfera cronenbergiana.
Anche la fantomatica Londra dei sobborghi, che il maestro, a detta di molti, sarebbe riuscito a dipingere con occhio freddo e realistico, in realtà di vede davvero poco. La vicenda potrebbe benissimo aver luogo a New York o Madrid, dal momento che al centro della scena è soprattutto la contrapposizione tra la cultura della malavita e quella delle persone comuni (così chiamate nel film) che ha tratti simili in tutto il mondo a prescindere dalle etnie.
Infine, ma forse qui è stato un bene, questo film avrebbe dovuto disturbare per la crudezza delle scene violente, mentre dobbiamo constatare che il maestro ci ha abituati a ben altro, anche dal punto di vista dell'estetica, con "Crash" e "Inseparabili".
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26 dicembre 2007

1408

di Ferdinando Carcavallo

Basato sulla terrificante storia di Stephen King, 1408 è un terrificante film di Mikael Hafstrom con John Cusack e Samuel J. Jackson. Attori, regista e scrittore sono riusciti a metter su probabilmente il più brutto, insulso, noioso e inconcludente film di genere degli ultimi 20 anni.
Un prodotto (chiamarlo "film" è veramente fuori luogo) che dire televisivo sarebbe già lusinghiero. Mi ha ricordato quei telefilm americani pseudo horror che trasmettono spesso in tarda serata le televisioni private con un minimo di contenuto erotico che almeno da' un senso al tutto.
Il pretesto della trama è di quanto più banale possa esserci. Un ghost hunter in cerca di scoop fa visita ad un albergo newyorkese in cui c'è una stanza maledetta dove tutti gli ospiti impazziscono e si tolgono la vita in modi bizzarri.
A inizio visione (fortunatamente domestica e supportata da numerosi colpi di fastfarward) ho scambiato un involontario ridicolo di tutto il contesto per un voluto grottesco, un'esagerazione del genere tipo Planet Terror di Rodriguez, ma qui in quanto a inventiva si superano di gran lunga anche trash-movies come "Il lupo mannaro contro la camorra".
L'epilogo è ancora più sconcertante di tutto il resto. Il doppio finale Sogno/Realtà/Di nuovo sogno/Ma anche realtà è da schiaffi.

Vedere attori come Cusack e Jackson impegnati in boiate el genere mette davvero tristezza.

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24 dicembre 2007

21 dicembre 2007

Il vinile che puzza

di Ferdinando Carcavallo

Sempre più artisti stanno ricorrendo alla produzione di dischi in vinile apparentemente spinti da una voglia di antico del loro pubblico che si ribella all'era digitale. Le motivazioni sono tante, da quelle romantiche di voler recuperare il disco come oggetto di collezione e di arte grafica, fino a quelle tecniche, in quanto in molti ritengono che il suono (e il rumore) della puntina sia migliore e più vero della "discretizzazione" digitale del CD.

Ma il vero motivo di questo ripensamento è quello che sta più a cuore ai produttori discografici, ossia che il Long Playng non sia clonabile come un CD.

Resasi finalmente conto che il prodotto canzone non ha più quel valore commerciale che aveva in passato e che quello che in molti chiamano pirateria (parlo della duplicazione di cd e il reperimento di MP3 da Internet) altro non è che il nuovo mercato col quale tutti dobbiamo fare i conti, la cosa migliore che l'industria discografica è riuscita a fare per rendere più appetibile il proprio prodotto è stato spingere il mercato a fare un passo indietro.

E' come se la lobby dei carbonari rimettesse sul mercato le macchine a vapore. Un disperato tentativo di reazione all'impotenza con la quale finora l'industria discografica non è riuscita a seguire la tendenza del progresso. Una mossa vestita da "tendenza vintage" che (credo) avrà vita breve.

Viviamo tempi in cui i tramiti tra chi crea arte e chi la fruisce hanno sempre meno senso. Chi scrive un libro se lo pubblica e lo vende su sistemi di Print On Demand direttamente ai lettori. Chi fa musica si fa un sito personale e distribuisce i propri brani gratuitamente guadagnando in popolarità e affluenze ai concerti, oppure vendendo il CD ad un prezzo che non supera i 5 euro.

Non si può chiedere ai consumatori di sacrificare la propria economia (già per altro mediamente carente) nell'acqisto di un CD originale di 20 euro con il ricatto morale che masterizzare un disco uccide la musica.

Vendere un CD a 20 euro uccide la musica.

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20 dicembre 2007

Auguri (remake)

Il 2006 è stato un anno bellissimo.
Al contrario il 2007 è stato orribile e nel salutarlo spero vivamente di non incontrarne mai altri simili.
Per questo motivo (ed altri) riciclo il videomessaggio augurale che pubblicai su KinemaZOne a Natale del 2005, anche perchè più di allora mi sento molto vicino ai bambini.
E faccio dei sinceri e freschissimi auguri a tutti.

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18 dicembre 2007

16 dicembre 2007

Eastern translations

di Ferdinando Carcavallo

"La promessa dell'assassino" è il titolo del 36mo film di David Cronenberg che, dicono, abbia tuti i requisiti per essere considerato il suo capolavoro.
Al di là di questo, che al più presto andremo ad appurare, la cosa che risalta più all'attenzione di questo film è l'ennesima bizzarria delle traduzioni italiane. A cominciare dal titolo.
La verisone originale ha titolo "Eastern promises", letteralmente "promesse dell'est" e si riferisce al tema del film che racconta una storia di sangue della mafia russa. In italia abbiamo preferito un titolo molto romantico ma alquanto anonimo, e le promesse sono diventate un sola, magari si risparmia un po'. Come noi anche in Francia hanno cambiato il significato del titolo, orientandosi pero' verso il cupo "Promesses de l'ombre", ossia "promesse dell'ombra".
Altra stranezza è la tagline, ossia la frase che accompagna il titolo sulla locandina. In americano abbiamo "every sin leaves a mark", ossia "ogni peccato lascia un segno", frase il cui senso può capirsi guardando il trailer dal quale si apprende che in Russia i detenuti usano il loro corpo per raccontare la prorpia storia con i tatuaggi. In Italiano abbiamo tradotto la frase con un contorto "ogni peccato è macchiato col sangue" che oltre a non significare molto (oddio, magari guardando il film...) ricorda più uno slang da mafia siculo-americana.
La consuetudine a cambiare le parole non l'abbiamo, però, applicata nell'unico caso in cui forse valeva la pena. La locandina americana riporta in alto la scritta "from the acclaimed director David Cronenberg" in cui "acclaimed" troverebbe in italiano corrispondenti sicuramente più utilizzati e moderni di "acclamato", ma stavolta ci siamo tenuti alla lettera all'originale senza impegnare la nostra proverbiale creatività. Non possiamo mica fare tutto noi.
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14 dicembre 2007

Il grande libro del Cinema per Manager

di Jack Fertile

Il direttore di KinemaZone mi ha affidato la recensione de “Il grande libro del cinema per manager” e il motivo l’ho compreso subito: nella vita reale “recito” la parte di un manager di Information Technology ma, con lui e con altri, parliamo spesso di cinema e, piuttosto che di Sharepoint ci troviamo a elucubrare di Matchpoint.
Nell’avvicinarmi alla lettura sono stato assalito da tre domande: perchè un libro del cinema per manager e, ancora, il contenuto terrà fede alla promessa? La risposta l’ho trovata, per fortuna, nella prefazione che mi ha rassicurato sul fatto che ogni film che ho visto è nella mia testa e nel mio cuore e il libro non ambisce a svelarmi nessun trucco ma solo a raccontare una versione di spettatori capaci di cercare. La terza domanda è: la lettura in chiave di impresa è una forzatura, è un leggere di cose non scritte? Ebbene, qui la sorpresa: i film selezionati non sono (quasi mai) ambientati nelle aziende, ma sono storie ordinarie e straordinarie la cui narrazione lascia trasparire metafore e codici aziendali nascoste lì, un pelo sotto l’acqua.
Al lettore consiglio di leggere dapprima le schede dei film conosciuti perchè è più partecipato il confronto con la vista degli autori; subito dopo, però, suggerisco di lasciarsi trasportare dalle altre schede con il chiaro intento di assistere all’opera cinematografica.
Siamo su KinemaZone, il cinema prima di tutto!


Il grande libro del cinema per manager. 50 film letti in chiave d'impresa
F. Bogliani
Edizioni ETAS
€ 18,00
Compra il libro su libreriauniversitaria.it

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06 dicembre 2007

Critical mass

Critical mass è una coincidenza che va avanti, un improvviso incontro di ciclisti sensibili ai problemi dell’inquinamento e della città, attivi nel proporre una alternativa concreta.

Critical mass è una pedalata di gruppo informale e non organizzata per festeggiare l’uso della bicicletta a Napoli.

Questa non è una manifestazione di protesta, ma una semplice pedalata. Ogni persona che pedala ha ragioni, programmi, missioni e ispirazioni diverse. Per un attimo si riesce a immaginare una città senza le macchine e i relativi problemi. In più è divertente.

Critical mass è anche più di una semplice pedalata.
È un luogo in cui informalmente viene chiesto più spazio per i pedoni, i bambini, i ciclisti, i giardini, più parchi e spazi aperti; ma anche una diversa organizzazione della società, meno frenetica, meno ossessionata dal bisogno di vendere e comprare, più capace di godere della vita sociale , più ALLEGRA.

Partecipa anche tu!
Noi non blocchiamo il traffico!
Noi siamo il traffico…!

Prossimo appuntamento: Napoli, piazza del Plebiscito, 22 dicembre 2007

Per saperne di più:
http://beppegrillo.meetup.com/10/calendar/6848168/
http://www.criticalmass.it/

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05 dicembre 2007

Ridley Scott e "Il Codice Gucci"

di Ferdinando Carcavallo

Pare sia un progetto che risale al 2000 quello di un film sulla famiglia Gucci e pare anche che inizialmente la direzione del film dovesse essere affidata a Martin Scorsese.
Oggi il progetto sembra concretizzarsi ad opera della Paramaunt e della produttrice colombiana Giannina Facio, ex modella, attrice, subrette televisiva e principessa del gossip (compagna di Iglesias, Miguel Bosè e Fiorello) attualmente moglie 52enne di Ridley Scott. E sarà proprio il regista di Blade Runner, Il Gladiatore e American Gangster a dirigere questo film incentrato sulla vicenda di Maurizio Gucci, rampollo della famiglia, che nel nel 1995 fu ucciso per mano di un killer incaricato dall'implacabile ex moglie Patrizia Reggiani. Intanto Scott è impegnato nella realizzazione di Body of Lies, girato in Marocco con Russel Crowe e Leonardo Di Caprio, poi sono in cantiere altri due titoli (Stones e Nottingam) per il 2009.
Anche se non si sa quando il film sarà realizzato, è già partita la campagna mediatica a colpi di dichiarazioni da parte della famiglia Gucci che accusa Scott di aver tradito gli accordi che parlavano di un film edificante e per nulla scandalistico, in cui il delitto sarebbe stato solo sfiorato. La rampolla dell'atelier fiorentino ha già annunciato la pubblicazione di un libro, che uscirà prima del film, in cui si racconterà la vera storia della famiglia.
E vai col tango!!!
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03 dicembre 2007

Il cineforum del dottor Freud a Napoli

Come è stato rappresentato l’inconscio nella cinematografia napoletana ed in quella americana? Quali le divergenze, quali gli eventuali punti di contatto? C’è una marca stilistica che li accomuna?
La III edizione de “Il cineforum del dottor Freud”, rassegna sui rapporti tra cinema e psicoanalisi, curata da Ignazio Senatore, critico cinematografico e psichiatra dell’Università Federico II di Napoli, verte su questi gustosi ed appassionanti interrogativi. La kermesse si svolgerà dal 6 al 9 dicembre al Penguin Cafè di Via S. Lucia 88, a Napoli e personalità del calibro di Mario Martone, Antonio Capuano, Renato Carpentieri, Nina Di Majo, Cristina Donadio, Mario Franco, Giulio Baffi, Marco Lombardi, Carlo Cremona, Lidia Tarantini e Simone Mangoni si alterneranno per presentare e commentare le pellicole selezionate.
La rassegna si apre venerdì 7 alle ore 11.00 con una personale sull’artista avant-garde Maya Deren, presentata da Mario Franco ed è arricchita sabato 8 dicembre alle ore 16.45 dalla presentazione del decimo numero della Rivista quadrimestrale “EIDOS, cinema, psiche ed arti visive” ad opera di Lidia Tarantini, Simone Mangoni ed Ignazio Senatore, ideatori e fondatori della Rivista.
L’ingresso è gratuito. Le proiezioni sono articolate dal 6 al 9 dicembre al mattino (ore 11.00) e nei giorni 6, 7 ed 8 dicembre anche alle ore 17.00 e 19.00.

www.cinemaepsicoanalisi.com

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30 novembre 2007

GREZZOFILM: Gli attori più tagliati di Hollywood

Se ve li siete persi nella trasmissione "Geppi Hour" su Sky Show, vi raccomando di recuperare questi meravilgiosi omaggi al cinema americano di Andrea Camerini e compagni.
Sul sito della
GrezzoFilm sono disponibili per il "daunload" ben 14 classici del cinema USA. Si tratta di scene ingiusttamente tagliate nelle versioni ufficiali in cui facevano la comparsa degli splenditi attori italoamericani che oggi, grazie a questa coraggiosa operazione di recupero, tutti possiamo ammirare liberamente.
Giustizia è fatta, quindi.

Gli attori più tagliati di Hollywood

P.S.: Fate presto a guardarveli. Non è detto che saranno disponibili a lungo. Scaricate e spargete il verbo.

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27 novembre 2007

La preziosa anima di Fausto

Grazie al blog dei Licaoni (quelli di Kiss me Lorena), ho fatto la piacevolissima scoperta di due autentici talenti cinematografici davvero singolari. Si tratta degli sceneggiatori e registi di un cortometraggio intitolato "La preziosa anima di Fausto" che rispondono ai nomi di Antonio Zucconi e Filippo Fraternali.

Il gioiellino in questione è scaricabile sui siti web delle due case di produzione indipendenti che lo hanno realizzato, ossia la Coma Film e la Zuip.
"La preziosa anima di Fausto", come il titolo velatamente insinua, è una moderna, succinta e spiazzante rilettura del mito di Faust. Stavolta il diavolo fatica non poco con le sue lusinghe a guadagnarsi lo stipendio. Il protagonista, Fausto, vive in totale solitudine con il suo cibernetico tuttofare, in un clima da film espressionista tedesco, ma sembra avere tutto quello di cui ha bisogno.

Tecnicamente ineccepibile ed elegante, il corto è interpretato con il giusto spirito dai tre attori Astutillo Smeriglia, Riccardo Cuorleggero e Alfio Grandi e sorprende per la sua semplicità e un umorismo nero davvero gestito con maestria.

Guardatelo e mi ringrazierete. Io, intanto, ringrazio i Licaoni.
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24 novembre 2007

Michel Gondry e l'arte dello sweding

Due gestori di un videonoleggio rischiano di chiudere definitivamente l'attività a causa dei un'improvvisa smagnetizzazione di tutte le videocassette in magazzino. Come ultimo tentativo, pero', tentano l'incredibile. Per accontentare una anziana signora un po' svitata che vuole a tutti i costi vedere Ghostbusters, decidono di girarne loro una versione amatoriale e succede quello che vedrete nel trailer, ma soprattutto nel nuovo film di Michel Gondry intitolato "Be kind rewind".

Interpretato da Jack Black, Mos Def, Mya Farrow e Danny Glover, il film, in uscita a gennaio negli USA, promette di essere una divrtente commedia in cui l'estro e l'inventiva del regista di "L'arte del sogno" e "Se mi lasci ti cancello" possono sbizzarrirsi al meglio.
Pare che fino al giorno prima delle riprese la produzione abbia avuto problemi con i diritti per riprodurre colonne sonore e battute dei film citati.

Sul sito ufficiale del film, oltre al trailer, troverete una divertertente simulazione della cancellazione di Internet e l'immediata costruzione di un Google "tarocco" ad opera dei protagonisti del film, più un interessante guida allo sweding, ossia quella pratica amatoriale di rigirare classici del cinema con mezzi estrememente ridotti.


Il sito ufficiale del film
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23 novembre 2007

Vidra a Sanremo Rock

Vidra è un ensemble elettronico salernitano nato nel 2006 dalle ceneri degli Icon Of Waste, progetto sonoro di supporto a mostre di video-arte. L'EP "Origami" è l'ideale crocevia fra il minimalismo dell'elettronica tedesca, la new wave inglese 80's, le atmosfere vintage del french-touch e il cantautorato italiano. Quattro dei nove bellissimi brani del CD sono scaricabili gratuitamente dal loro spazio su Myspace.

La notizia bomba è che domenica 25 novembre (ore 20:00) i fantastici quattro (Giga, Frencio, Dvoran e Fulvio) saranno al People of art di Modena come semifinalisti del Sanremo Rock Contest. Consiglio a chi è in zona di non perdersi questo appuntamento.
Potreste essere orgogliosi un giorno di dire "io c'ero".

Vidra su MySpace

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21 novembre 2007

Cloverfield - il trailer

Quello che si chiamava semplicemente 1-18-08 oggi ha un titolo ed un bellissimo trailer.
La storia è ormai quasi interamente svelata. Dopo la distruzione di New York ad opera di una terribile gigantesca mostruosa creatura biblica (cloverfield), tra le macerie viene ritrovata una videocamera. REW, STOP, PLAY e comincia lo spettacolo.
Il film è prodotto da J.J.Abrams, quello di Alias, Lost e Mission Impossible III e costituisce, sulla carta, una sorta di Blair Witch Project in contesto Sci-Fi. Come detto, l'intera cronaca dell'attacco alla città da parte di questo mitologico mostro, è raccontata esclusivamente dalle immagini amatoriali di una videocamera.
Certo che, vista la qualità delle immagini, doveva trattarsi di una videocamera non proprio da discount.
Il film, diretto da Matt Reeves, regista di esperienza nei seriel televisivi ma alla sua prima esperienza sul grande schermo, ed uscirà negli USA il 18 gennaio 2008.

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20 novembre 2007

Il pacco di Natale di KinemaZOne

Anche se il titolo potrebbe trarre in inganno, questo libro non è uno schedario critico dei film usciti nell'anno 2007, bensì una cronaca spensierata e libera di una serie di "visioni cinematografiche" di uno spettatore qualsiasi, uno che a cinema ci va quando ha tempo e, se straordinariamente gliene avanza ancora, si prende la briga di annotare le impressioni su un blog.
Il libello raccoglie tutte le cronache sui film visti nel 2007 più una serie di riflessioni su film recuperati durante l'anno.
Nella convinzione che il cinema sia quell'arte che si basa su un effetto ottico che dà l'illusione del movimento, ho pensato di dover mettere sullo stesso piano blockbuster, film d'autore, indipendenti e cortometraggi, in quanto tutti, bene o male, appartenenti allo stesso mondo fantastico. Quindi troverete classificati allo stesso livello film come Grindhouse di Tarantino/Rodriguez e Nuvole di Michele Pastrello, Il grande capo di Von Trier e Frattura di Omar Pesenti. Il libro si conclude con l'ormai mitica intervista esclusiva ai Manetti Bros, i registi di "Piano 17" e "L'ispettore Coliandro".
Compratelo, mi raccomando. Aiuterete a mantenere una voce indipendente (stonata e afona, magari) che testimonia che chi va al cinema non è un consumatore qualunque.
"KinemaZOne 2007 - cronache dal cinematografo" è acquistabile su Lulu.com a € 10,00 (compresa spedizione in Italia) e sui siti on line Ibs.it, libreriauniversitaria.it, Webster.it e Dvd.it.

In alternativa, potete acquistarlo direttamente su KinemaZOne con
(Carta di credito, Postepay).
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19 novembre 2007

Mario Monicelli (libro + cd)

Fondamentalmente questo volume della Mediane dedicato a Mario Monicelli è un libro di fotografie. Si tratta di bellissime foto di scena, alcune davvero interessanti, riproduzioni coloratissime di locandine e copertine di dischi ormai entrati nella storia e ritratti di attori e collaboratori del maestro.
Nonostante l'esiguità di informazioni testuali contenute (comunque è presente una bella introduzione dei curatori Serio e Gorlani), sfogliando questo lussuoso archivio fotografico, in una sorta di biografia visionaria, ci si rende conto della grandezza di un autore che al cinema italiano ha dato praticamente tutto: commedia, impegno sociale, ironia, dramma, costume. Certamente non saremmo così affezionati a attori come Sordi, Mastroianni e Tognazzi senza film come La grande Guerra, I soliti ignoti e Amici miei, e lo stesso Totò, che Monicelli incontrò quando il Principe era già una star, deve a registi come lui le occasioni che gli hanno permesso l'entrata nel mito (Totò cerca casa, Guardie e Ladri, Totò e le donne).
Ma il libro di Serio e Gorlani, se mai ve ne fosse bisogno, testimoniano che oggi Mario Monicelli è vivo, nel senso artistico, e che le ultime produzioni - che la distribuzione italiana con atteggiamento a dir poco sacrilego ha relegato a livello di tappabuchi estivo di importazione - sono state realizzate con la stessa verve, lo stesso entusiasmo di sempre.
Correda il libro un bellissimo CD audio con alcune delle più belle colonne sonore dei film di Monicelli, e stiamo parlando di compositori del calibro di Morricone, Piovani, Nino Rota, Rustichelli e Luttazzi.

Compra "Mario Monicelli" su libreriauniversitaria.it

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Il nascondiglio

di Ferdinando Carcavallo

Va detto che se Pupi Avati avesse ambientato questa storia di casa maledetta nella campagna emiliana avremmo avuto un gioiellino simile a "La casa delle finestre che ridono". Ma chi sono io, in fondo, per poter criticare la scelta di un simile maestro?
Pupi Avati ha realizzato un film americano. Americana la storia, la location e la lingua parlata dagli attori (ottimamente doppiati, però). Per quanto, d'italiano ci sono la giunonicità della Morante e i giochi di chiaroscuro che ricordano molto gli spaghetti horror di Bava, lo stesso Avati e Lucio Fulci.

La storia de "Il nascondiglio" prosegue senza particolari colpi di scena. Un film di genere che rispetta al 100% i suoi canoni evitando qualsiasi deriva autoriale o di modernità. E questo, fondamentalmente, non è un male, soprattutto grazie al grande lavoro di regia compiuto che, se non ci regala virtuosismi di camera, certamente ci coccola con inquadrature suggestive e tagli che due o tre salti dalla sedia te li fanno fare.

La contemporaneità dell'uscita del film di Avati con l'ultimo lavoro di Dario Argento ci offre la possibilità di notare l'evoluzione del genere horror (nel caso di Avati samo più sul racconto del terrore) nel nostro cinema. In passato gli stili dei due registi si erano molto avvicinati. Penso, ad esempio, a Zeder di Pupi Avati (era il 1983) la cui componente di giallo ricordava molto "Quattro mosche di velluto grigio" e "Tenebre". Col tempo Avati ha sperimentato la commedia sentimentale, il dramma, il jazz e quant'altro, mentre Argento, specializzandosi nel contesto giallo horrorifico, è arrivato alla saturazione/sublimazione isterica dell'ultima Terza Madre, accentuando le componenti violente del genere. Avati, per il suo ritorno all'horror, ha preferito rimanere fedele al suo stile senza concedere nulla alla evoluzione del genere, per cui si potrà trovare questo film un po' datato, ma pienamente fascinoso e sicuramente apprezzabile per la sua genuinità.
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17 novembre 2007

Bumba Atomika: il trailer

I frequentatori delle community di cinema sanno di cosa parliamo. Bumba Atomika è il particolarissimo progetto cinematografico del regista Senesi Michele e della scanzonata Palonero film il cui diario di bordo su web dal gennaio 2006 informa di tutte le evoluzioni del film.
Oggi è finalmente on line il primo trailer ufficiale. Appena sessanta secondi per dare un'idea del materiale montato e dello stile dell'opera. La notizia è subito rimbalzata finendo dritta nella home page del sito statunitense Twitch, che da sempre supporta il film.
Imminente la chiusura del montaggio che è alle ultime fasi di postproduzione audio e si ipotizza una stampa effettuata prima di Natale che produrrà le copie base per la partecipazione ai festival internazionali.

Precedentemente al rilascio del trailer era trapelata la notizia, diffusa dallo stesso Senesi, che il progetto fosse una bufala, un'operazione puramente mediatica finalizzata a smascherare la debolezza del sistema dell'informazione su web.
Per fortuna si è trattato di un ennesimo colpo di genio per rinfrescare l'attenzione generale sul film.

Trovate il trailer nel sito del film:
www.palonerofilm.com/bumbaatomika.htm
Personalmente ho trovato il trailer molto carino e fatto a regola d'arte. Un prodotto maturo, per quanto originale.
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13 novembre 2007

Natale in libreria con Pedro Almodovar

Ed è ancora l’editore Lindau a regalarci un'importante e prestigiosa monografia su quello che probabilmente è il regista europeo più apprezzato nel mondo. Stiamo parlando dello spagnolo Pedro Almodovar al cui cinema innovativo, spregiudicato, coloratissimo, musicale e pieno di pathos è dedicato il grande libro di Frédéric Strauss intitolato "Pedro Almodovar: Tutto su di me".
Un libro pieno zeppo di immagini (locandine, foto di scena, storyboard realizzati da Almodóvar e disegni di Mariscal, Dis Berlin e Juan Gatti utilizzati per le scenografie) e dichiarazioni del regista tratte da interviste rilasciate a Strauss, più scritti dello stesso Almodovar che raccontano passo dopo passo la sua carriera: dal periodo della movida madrilena ai primi lavori in super8, realizzati con gli amici durante i fine settimana, quando ancora lavorava per la compagnia telefonica spagnola; dalla nascita della casa di produzione El Deseo, ideata con il fratello Agustín, alle opere che gli hanno garantito il successo internazionale (Légami!, Tacchi a spillo), per finire con gli importanti riconoscimenti ottenuti a Cannes e agli Oscar.
Almodóvar parla a ruota libera, in maniera divertente e divertita, pronto a evocare ricordi della propria infanzia, a fornire spiegazioni tecniche per farci comprendere meglio una scena, a raccontare aneddoti riferiti al set e al suo rapporto, non sempre facile, con gli attori, oppure a descrivere sequenze tagliate in fase di montaggio, e a parlare dei film e degli autori che lo hanno maggiormente influenzato.
L’edizione prestigiosa pone questo libro sicuramente come prodotto ideale per regali di natale tra cinefili (e non), ma al contempo rappresenta l’edizione più completa e rigorosa sul regista spagnolo attualmente in commercio. Oltre al valore del contenuto grafico e non, il libro è un vero e proprio oggetto di arredamento, una sorta di quadro postmoderno da sfoggiare in salotto.

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11 novembre 2007

La terza madre

di Ferdinando Carcavallo

L'esordio di Dario Argento nel genere comico non poteva essere più convincente. Già nelle ultime produzioni del regista romano, ex icona del genere horror, si erano intraviste avvisaglie della tendenza alla commedia grottesca e in più occasioni tali ammiccamenti al riso avevano un po' disorientato i fan del maestro, nostalgici delle atmosfere pienamente dark dei primi lavori. Oggi finalmente, con La Terza Madre, Dario Argento compie il grande passo regalandoci quello che poterebbe definirsi un kolossal comic-horror che porta automaticamente il regista nell'olimpo degli autori umoristici.
Difficile individuare a caldo i modelli del nuovo Dario Argento. Sicuramente molti riconosceranno i Monty Python, per quella abilità nel maltrattare fino ad umiliare il genere cinematografico a discapito di una demenzialità che in Argento è senz'altro meno intellettuale ma ugualmente dissacratoria, ma senz'altro non sono estranei a certe trovate esilaranti autori nostrani come Pingitore e Neri Parenti.
A supportare il maestro in questo grande passo c'è senz'altro il contributo della figlia Asia, impegnata in una recitazione volutamente sopra le righe e a un passo (se non oltre) dalla follia pura.
Non è tutto merito della famiglia Argento, però, se il film ha questa inaspettata vis comico-grottesca. Molte delle risate strappate allo spettatore sono da attribuire alla fotografia volutamente ridicolizzante e al montaggio frenetico di situazioni tra di loro incoerenti che suscitano sobbalzi dalla sedia, fino allo stuolo di interpreti minori presi direttamente da un avanspettacolo che non esiste più.
Adesso è il momento di godere di questo successo, ma ben presto il pubblico si aspetterà ancora di più dal bravo Dario. Inevitabile sarà dare seguito a questa scorpacciata di risate magari con una "Mater ridiculorum" o "La terza madre torna a far danni" per il prossimo Natale.
Dai Dario, facce ride!

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07 novembre 2007

06 novembre 2007

Due sguardi sul cinema (uno autorevole, l'altro no)

ISBN 978-88-7180-692-1Ci sono due libri sul cinema che escono in questi giorni nelle librerie (uno, a dire il vero, molto ben distribuito, l'altro non tanto). Si tratta di due prodotti completamente diversi, come i loro autori, ma che in qualche modo si compensano.
Il primo è l'edizione aggiornata della "Storia del cinema Italiano" di Paolo Russo, studioso e critico cinematografico, ricercatore al DAMS di Roma e Lecturer in Film Studies alla Oxford Brookes University, oltre che sceneggiatore e videomaker. Si tratta di una disamina storiografica che propone un panorama ampio e documentato di oltre un secolo di cinema italiano, facendo luce sui molteplici, concomitanti fattori – di diversa natura, dal contesto politico al dato economico, ad esempio – che hanno contribuito al suo sviluppo e alla sua diffusione.
I diversi capitoli approfondiscono temi e protagonisti di tutti i momenti significativi, dagli esordi nel 1896 ai divi del muto, dalla rinascita degli anni ’30 al neorealismo, dai nuovi autori degli anni ’60 alla crisi degli ’80, fino alla proclamata ripresa degli ultimi anni.
Il libro è edito da Lindau e disponibile in tutte le librerie, tradizionali e on line.

ISBN 978-88-903146-1-2L'altro titolo, invece, è "opera" di tutt'altra fattura. Si potrebbe considerare un punto di vista sul cinema opposto a quello di Russo. Uno sguardo dal di fuori, dalla parte di chi il cinema lo fruisce e, spesso, lo subisce senza avere strumenti per difendersi. "KinemaZOne 2007 - cronache dal cinematografo" di Ferdinando Carcavallo è la raccolta di resoconti di visioni cinematografiche dell'anno 2007, più una serie di visioni di recupero e l'intervista ai registi di genere Manetti Bros. Non si tratta, come specificato sulla quarta di copertina, di uno schedario critico ed esaustivo sulla produzione cinematografica del 2007, ma semplicemente il racconto di una anno di passione (in senso buono) per il cinema, dove film di grande distribuzione, opere indipendenti e cortometraggi di esordienti sono messi tutti sullo stesso piano in quanto facenti parte dell'unico e indivisibile mondo del cinema. Il libro è autoprodotto e disponibile sul sistema di print-on-demand Lulu.com e sui maggiori store on line.

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03 novembre 2007

17, ovvero l'incredibile e triste storia del cinico Rudy Caino

di Ferdinando Carcavallo

Più conosco l'opera di Enrico Caria più aumenta la mia stima per questo non prolifico cineasta, ma contemporaneamente aumenta la mia acredine verso una politica distributiva che penalizza i talenti e priva il pubblico della visione di lavori originali e degni di considerazione.
Dopo il sorprendente Blek Giek (2001) e l'ultimo interessantissimo documentario Vedi Napoli e poi muori, ho recuperato l'opera prima di Caria, e non è stato facile (ho dovuto scomodare persone molto in alto).
"17, ovvero l'incredibile e triste storia del cinico Rudy Caino", è un film del 1992 con Giovani Mauriello (ex NCCP) e Peppe Barra, in una delle sue rare e più riuscite trasferte cinematografiche.
Si tratta di un noir fantapolitico ambientato in una Napoli futuristica (2057) in cui il capoluogo campano è l'unica città sopravvissuta ad una guerra mondiale, scampata grazie al suo già alto tasso di inquinamento che ha fatto da baluardo ai veleni delle esplosioni atomiche. Il potere politico è conteso tra il presidente della Napoli bene, arroccata sulla collina di Posillipo, e il malavitoso 'O turco, indiscusso sovrano dei traffici illegali della inquinatissima "Giù Napoli".
L'umorismo nero che pervade l'intero film non scende mai di tono. Come un libro di Stefano Benni, un editoriale di Michele Serra (dei tempi di Cuore) o una elucubrazione satirica dello stesso Caria (guarda il NOPROJECT su
Mussolini e il mistero degli Ufo) la trama si sviluppa con ritmo e cadenza di un fumetto (devo citare anche Andrea Pazienza?) in cui non si contano le allegorie, i richiami a personaggi e fatti realmente esistiti (o facilmente riscontrabili) e un pessimismo di base che spiazza e diverte allo stesso tempo.

Il film è concettualmente originale e a tratti geniale e Caria in più occasioni strizza l'occhio sardonicamente a Ridley Scott di Blade Runner e a Luc Besson (agli inizi degli anni '90 erano questi i modelli del cinema di fantascienza) ma anche al nostrano Nanni Loy di "Mi manda picone", per quella abilità e disonvoltura nel calare nella realtà italiana generi e ritmi tipici del cinema d'oltremanica senza inciampare nel provincialismo. Certo, rispetto a quelli citati il film di Caria è un'opera artigianale, per non dire casalinga, in cui i limiti del low low budget si vedono, anche se ampiamente compensati dall'inventiva e dall'entusiasmo di regista e attori.

Se questo film fosse stato distribuito come meritava nel periodo in cui uscì, porbabilmente personaggi come l'agente segreto Rudy Caino, i killer calabresi Santo & Johnny e l'estroso boss 'O turco sarebbero oggi nell'immaginario cinematografico di ognuno di noi. Ma questo film, come gli altri di Caria dei quali solo Blek Giek è disponibile in DVD, fanno parte di quella nutritissima schiera di film belli e invisibili.

Ma qual'è il "problema" di Enrico Caria? Quale caratteristica gli impedisce l'accesso alla grande distribuzione e il conseguente meritato successo?
Fondamentalmente, credo, c'è il fatto che lui "se ne fotta" di ricevere statuette ai festival istituzionali o essere ingaggiato per adattamenti di adolescenziali bestseller.
Caria si avvicina al cinema per una necessità culturale, ogni qual volta il suo estro lo richiede e quando le sue fantasiose idee hanno le caratteristiche del racconto cinematografico. Sicuramente non aspira al jet-set del cinema adulto, e nemmeno ad un poltrona nel salotto nottambulo di Marzullo, ma sicuramente gli farebbe piacere sapere che i suoi film siano visti da più persone.

Vi lascio, comunque, con una buona notizia. Sul sito di Enrico Caria (http://www.enricocaria.it/) è annunciata l'imminente disponibilità in download del film. Attendiamo pazienti. Dovessero esserci novità, contate pure sulla mia tempestiva informazione.

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31 ottobre 2007

SMS (Sotto mentite spoglie)

di Ferdinando Carcavallo

SMS è il classico film di cassetta realizzato da un mediocre regista cinematografico che, fortunatamente, è anche un ottimo attore e autore comico teatrale. Abbandonati temporaneamente i fedelissimi compagni di merende Buccirosso, Paone e Casagrande, il buon Vincenzo Salemme fa gruppo con il toscano Panariello e il romano Brignano per conquistarsi un terreno meno regionale, e ci riesce bene, in termini di incassi. Una trama da boutade alla francese per una commedia in cui si ride soprattutto per la simpatia dell'attore p'rincipale, non certo per le situazioni non originali e francamente molto deboli dal punto di vista dell'intreccio.
Nulla da dire sull'aspetto tecnico del film, in quanto, come in passato, non è un elemento a cuore di Salemme. L'attore napoletano approda al cinema per fare cassa e sponsorizzare se stesso, in modo da raccoglierne i frutti in termini di presenze nei teatri e ingaggi televisivi.
Panariello, con tutto il bene che se ne può dire, non è una buona spalla. I due si dividono al 50% il ruolo di protagonista, come i compaesani Benigni e Troisi di Non ci resta che piangere, ma l'effetto non è certo lo stesso. In tutto questo divertente nulla-di-nuovo, spiccano però due chicche, ossia le interpreti femminili: Lucrezia Lante della Rovere ha ancora la freschezza di Speriamo che sia femmina, mentre Luisa Ranieri dimostra di essere a suo agio nei ruoli brillanti.
Da segnalare l'ultima inquadratura dei di dietro delle due attrici in bikini che si avviano al mare. Questa è l'unica scelta registica degna di un ringraziamento.
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28 ottobre 2007

Ratatouille

di Ferdinando Carcavallo

Queste mie riflessioni su Ratatouille sono indicate per chi ha visto il film (semplicemente spoiler).
I migliori attori della stagione cinematografica 2007 sono dei topi.
Questa è la straordinaria e dura ammissione che bisogna fare dopo aver visto Ratatouille, con lo stesso coraggio con il quale il critico culinario Ego scrive la sua ultima recensione sulla cucina di Parigi dopo aver preso coscienza della natura di roditore del cuoco più bravo della città, e che quindi il paradigma "chiunque può cucinare" è incredibilmente vero.

Ratatouille è un film sul sogno, sul superamento dei propri limiti, sulla tolleranza, sulla convivenza, sull'abbattimento delle barriere culturali e dei pregiudizi.
La folla di topi che prima saccheggia la cucina del ristorante e poi provvede alla sua riabilitazione (anche se temporanea) è una chiara metafora sulla immigrazione, sull'integrazione possibile tra popoli apparentemente diversi ma che potenzialmente possono collaborare e vivere in armonia. Un messaggio forse retorico e buonista, ma stiamo parlando di un cartone animato, un qualcosa che, sebbene sia diventato adulto come genere, è pur sempre roba da ragazzini. Ed in fondo giusto i giovanissimi possono fare tesoro di messaggi di tolleranza, purtroppo.
Sul passo avanti dal punto di vista tecnico che l'animazione di Ratatouille rappresenta rispetto al meraviglioso "Gli incredibili" è stato detto già molto, e non posso che sottoscrivere che il CGI è ormai cinema a tutti gli effetti
Il personaggio del cuoco per caso Linguini di origine italiana, impacciato e nasone, che si innamora della chef francese ricorda molto il Sergio Castellitto di Ricette d'amore (al quale Hollywood ha già dedicato un insipido remake con Catherine Zeta Jones).

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24 ottobre 2007

Il nascondiglio di Pupi Avati

22 dicembre 1952: in una cittadina dello lowa, una grande casa isolata, battuta dalle tormente di neve, è sconvolta da un terribile delitto. Cinquantacinque anni dopo, in quella grande casa rimasta chiusa per mezzo secolo, una donna di origini italiane decide di aprire un ristorante. È appena uscita dalla clinica psichiatrica dove è stata ricoverata per quindici anni in seguito al suicidio del marito, ed è decisa a costruirsi una nuova vita, ma non appena mette piede nell'edificio, i fantasmi del passato tornano a tormentarla. Sarà lei, sempre più in bilico tra ragione e follia, a dover fare chiarezza sui fatti oscuri accaduti tra quelle mura...

Questa è la sinossi del romanzo "Il nascondiglio" di Pupi Avati che in questi giorni la Mondadori distribuisce in tutte le librerie, ed è anche la trama del film che il regista bolognese ne ha tratto e che rappresenterà, senza dubbio, un grande ritorno dell'horror italiano.
Meno celebrato di altri maestri impegnati in lacrimosi epiloghi, Pupi Avati è stato per il passato un grande innovatore del genere, a partire dal giustamente celebrato "La casa delle finestre, che ridono" fino a "L'arcano incantatore" (1996), oltre al dimenticato "Zeder" del 1983.
La storia de "Il nascondiglio" ricorda molto le trame horror dei primi anni '80, primo tra tutti l'Aldilà di Lucio Fulci, ma anche gli stessi film di Avati in cui il tema "casa maledetta" ritorna molto spesso. Gli horror di Pupi Avati hanno quel sapore tipicamente italiano che ricordano le atmosfere padane di Gadda e Piero Chiara.
Il film girato in Inghilterra e destinato al mercato internazionale con il titolo The hideout, uscirà a novembre e nel cast compaiono Laura Morante , Treat Williams e Burt Young, con una piccola parte anche per Cesare Cremonini. Avati è uno specialista nel far venir fuori doti di attore da personaggi che non lo sono per mestiere (vedi Katia Riciarelli in La seconda notte di nozze).

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22 ottobre 2007

14 ottobre 2007

Il ritorno di 3Rose

Ottime notizie ci giungono da Francesco Moriconi. La prima è che il mitico podcast TreRose dedicato al cinema di genere italiano riprenderà la sua anomala (in quanto podcast...) programmazione alla fine di ottobre. La seconda è che è nato proprio da pochi giorni, sempre ad opera di Francesco, un fenomenale (questo lo aggiungo io) Enciblog sul cinema di genere, una sorta di schedario dei film più significativi del nostro cinema popolare degli anni '70 e '80 (ma non solo) aperto alla collaborazione dei visitatori.
Ultima ottima notizia , ma non la meno importante, è che pare sia quasi giunto a termine lo sfiancante lavoro sul libro dedicato alla saga di Watchman, la saga a fumetti di Alan Moore e Dave Gibbons per il quale Francesco ha realizzato una guida alla lettura di circa 700 pagine.

Le prime 11 puntate del podcast di 3 Rose, realizzate nel 2005 ed oggi disponibili sul sito www.tempimoderni.com, erano dedicate ad approfondimenti su film culto di svariati genere del cinema italiano degli anni '70. Le ultime tre puntate, invece, furono dedicate alla storia di Franco e Ciccio.
Francesco per il Podcast si è avvalso, e credo lo farà ancora, della collaborazione di Francesco Troiano, Franco Gattarola, Antonio Tentori e Paolo Albiero.

Quindi, diamo un grande "bentornato" a Francesco e corriamo a godere delle chicche del blog trerose.blogspot.com, nell'attesa dei nuovi Podcast.

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Un bel libro su Tim Burton

di Ferdinando Carcavallo

Quando si ama un regista si preferisce ignorare le opere che inevitabilmente ci hanno deluso. Così, aspettando di vedere Sweeney Todd, il film di Tim Burton che dovrebbe compensare la delusione de "La fabbrica del cioccolato", ripensiamo alle sue opere migliori come "Ed Wood", "Sleepy Hollow", "Batman" e "Mars Attack" e fingendo che "Il pianeta delle scimmie" e "La fabbrica del cioccolato" non siano mai esistiti.
L'encomiabile casa editrice Lindau ha pubblicato proprio da pochi mesi l'edizione aggiornata della monografia su Tim Burton del critico francese Antoine de Baecque. Il libro, oltre ad essere un biografia dettagliata della vite dell'autore, costituisce una vera e propria opera enciclopedica in cui vengono descritte le genesi dei film del regista americano. Io, lo confesso, sono andato a sbirciare direttamente il capitolo dedicato al mio burton preferito, ossia Ed Wood, e poi, soddisfatto dall'assaggio, ho ricominciato dall'inizio, come se si fosse trattato di un trailer. Oltre ad apprendere cose nuove sulla carriera del regista e sulla vita privata che inevitabilmente hanno influenzato le scelte artistiche, grazie al libro di De Baecque ho appreso particolari su quei film di Tim Burton che non mi sono piaciuti. Particolari che, certo, non hanno cambiato il mio giudizio, ma anzi mi hanno chiarito meglio proprio il perchè di una così grande differenza di livello tra un film ed un altro.

Ancora una volta, quindi, un libro Lindau è entrato a far parte dei miei libri da salvare e ancora una volta mi trovo a ribadire che Tim Burton è uno dei più geniali artisti del cinema di questo secolo.

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11 ottobre 2007

Grindhouse - Planet Terror

di Ferdinando Carcavallo

Diciamolo: Planet terror è il miglior film che Robert Rodriguez ha fatto, e probabilmente il migliore che potesse fare.
Il secondo capitolo (in ordine di uscita in Italia) del Grindhouse non è un nostalgico ammiccamento al filone splatter-gore-horror del cinema di serie B degli anni '70, bensì il suo manifesto postumo.
Tutte le esagerazioni, i paradossi e i colori forti che inevitabilmente saltano all'occhio (e allo stomaco) degli spettatori non hanno niente di caricaturale. Rispetto agli originali del periodo dell'exploitation il film di Rodriguez gode di una certa consapevolezza di appartenenza ad un genere che fa andare avanti il film con le spalle coperte, come a dire "chi può dirmi niente se il titolo del film è Grindhouse?".
E quindi ecco esplosioni di pustole zeppe di sangue, amputazioni di tutti i tipi, scioglimenti di carne umana, sparatorie e inseguimenti incuranti delle leggi fisiche, dialoghi con il limite di 10 parole a battuta, donne tanto belle quanto crudeli e tanto, ma tantissimo fuoco.
Inevitabilmente dobbiamo confrontare Planet Terror con A prova di morte (il capitolo Tarantiniano) e la prima cosa che ci viene in mente è che Rodriguez è stato molto più corretto nel seguire le regole del gioco rispetto all'amico Quentin. Di suo il regista texano ci ha messo davvero poco, mentre il collega non ha resistito alla tentazione di inserire i suoi soliti e splendidi ingredienti, realizzando, appunto, a pieno titolo il suo quinto film.
Alla fine dei conti, in una immaginaria proiezione in un grindhouse-theatre dei Queens nel 1969, penso che il pubblico avrebbe esultato più per il casino sfrenato di Planet Terror che non per i dialoghi cervellotici di Death Proof.
Inutile raccontarvi la trama, roba di zombi contaminati da un virus che lottano contro i pochi superstiti immuni.
Impossibile, infine, non citare il fake-trailer di Machete, il film finto (ma non troppo, pare che Rodriguez lo realizzerà) che racconta di un killer messicano pronto a vendicarsi di un tradimento spalleggiato di un reverendo dal mitra infallibile. Un piccolo capolavoro anche questo.

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Se Superman ha paura di volare, allora è Dylan Dog

di Ferdinando Carcavallo

Già da un paio d'anni, almeno, si parla dell'adattamento cinematografico di Dylan Dog ad opera di una casa di produzione statunitense che avrebbe assoldato Joshua Oppenheimer e Thomas Dean Donnelly per la sceneggiatura. Le ultime notizie riguardavano il titolo del film, Dead of Night, e il fatto che il nome dell'indagatore dell'incubo sarebbe stato cambiato in Derek Donovan, pseudonimo tra l'altro già utilizzato per la non felice uscita usa dei fumetti di Tiziano Sclavi.
Oggi arrivano altre notizie, la prima riguarda l'attore protagonista, che dovrebbe essere Brandon Routh, il Superman di Bryan Singer, mentre la seconda è sul nome del regista, ossia quel David R. Ellis noto ai più per le direzioni di Final Destination 2, Cellular e il cult Snakes on a plane.
Il budget di questo film è di 35 milioni di dollari ed è gestito dalla Arclight Productions, una casa di produzione non propriamente con il vizio del successo internazionale (guardfate il sito http://www.arclightprods.com/)
Il film sarà ambientato negli USA, e ciò rappresenta una deroga al fumetto ben più pericolosa del cambio del nome, in quanto la gran parte della caratterizzazione del fumetto Dylan Dog è legata alla sua origine britannica.
Speriamo bene.
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07 ottobre 2007

Grindhouse - Death proof (A prova di morte)

di Ferdinando Carcavallo

Esce nelle sale italiane il capitolo di Rodriguez di Grindhouse (Planet terror) quando in contemporanea arriva il Dvd del capitolo tarantiniano in una edizione doppia ricca di extra che farà gola ai fan statunitensi, per i quali esiste solo la versione unica con i due capitoli tagliati.
Ho aspettato fino ad ora di vedere Death proof (non per mia volontà) e la mia attesa è stata premiata.
Death proof è a tutti gli effetti il quinto film di Quentin Tarantino. Ridotte al minimo indispensabile le "tamarrate" digitali per invecchiare la pellicola (graffi, tagli improvvisi, audio fuori sincrono) che tanto mi avevano fatto insospettire nel trailer, il film è la perfetta continuazione di Kill Bill.
Auto-citazionismo (nel senso che cita se stesso e i film automobilistici), exploitation e gusto del vintage sono dosati ad arte e ben si sposano con le componenti tarantiniane. La logorrea e il turpiloquio prendono qui un sapore particolare. Le (splendide) ragazze del film sono particolarmente sboccate ma nei fatti hanno un approccio al sesso abbastanza pudico, per non dire bigotto. Si chiudono in macchina con i ragazzi per darsi "sei minuti di baci", raccontano di baci-da-dietro fenomenali e praticano l'astinenza per tenersi stretti i fidanzati. Probabilmente questo contrasto linguaggio-fatti è una parodia della censura tipica dei film del Grindhouse vero, dove si dicevano parolacce, si mostrava violenza e donne in abiti succinti ma sul piano sesso si rimaneva sempre sull'allegoria.

Nel complesso il film è tecnicamente sbaloditivo. Le sequenze degli inseguimenti in auto e degli scontri sono adrenaliniche più degli ingegneristici "Fast and Fourious" e le attrici sono tutte adorabili (compresa la spilungona Zoe alla quale nel Dvd è dedicato un bel capitolo tra gli extra).

Quando il film uscì nelle sale italiane si accese una bella polemica riguardo alla scelta tutta europea di dividere i due capitoli in due film separati inserendo scene tagliate nella versione uscita in USA. Alla fine dei conti, almeno per Death Proof, non credo che la cosa abbia fatto male. Non mi sembra di aver notato nessuna scena superflua.

Un film tarantiniano al 100%.

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01 ottobre 2007

Angeli con le ali legate

Angel è il nuovo film di Francois Ozon tratto dal romanzo di Elizabeth Taylor (la scrittrice, non la venere in visone) che la Teodora Film sta cercando di distribuire in Italia con tutte le sue forze.
E' un film indipendente e non americano e questo, a detta di Cesare Petrillo, è un grande ostacolo per far arrivare un film nelle sale italiane.
Ieri Petrillo si è sfogato sulle pagine del Manifesto, e credo dica cose interessanti.
Dateci un'occhiata sul Manifesto on-line.

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30 settembre 2007

I Simpson - il film

di Ferdinando Carcavallo

Ok, eccolo qua. Il film dei Simpson non poteva essere fatto altrimenti. Scongiurato il pericolo di un episodio televisivo allungato già dopo i primi minuti dall'inizio, "I Simpson - il film" non tradisce nessuna aspettativa, anzi ci regala qualcosa che non speravamo. Il livello di ironia e cinico sarcasmo che rende questo cartoon unico non cade mai di tono. Citazionista quanto basta, cattivo, scostumato ma non offensivo, il film riesce anche ad essere spettacolare senza il ricorso alla Computer Graphic o alla animazione 3D.
La trama è un delizioso thriller ecologico. A causa dell'altissimo tasso di inquinamento, la città di Springfield viene isolata dal governo USA (il presidente è Mr. Arnold Schwarzenegger) con una enorme cappa di vetro. Sono i Simpson, perfetti eroi per caso, ad avere il compito di salvare la cittadina dalla distruzione definitiva.
I cinque componenti del nucleo familiare di papà Omer sono i protagonisti assoluti della storia, mentre gli altri personaggi del serial sono stavolta un po' più da parte per dare libero sfogo alle grandi star.
Non sono un patito di serial e tantomeno di cinema di animazione, ma credo che i Simpson superino le barriere di queste due tipologie di prodotto.
Il tema ecologico e antimilitarista che tiene in piedi tutta la storia è portato avanti, seppure in una chiave dissacratoria, con il dovuto rispetto. Alla fine non abbiamo l'idea di aver visto una parodia di genere ma una delle più riuscite commedie di costume americane degli ultimi tempi. Omer Simpson è sicuramente la versione elegante e raffinata di Borat.

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Maradona la mano de d10s

di Ferdinando Carcavallo

Non mi interessa e non capisco nulla di calcio, ma credo che Maradona sia stato un fenomeno così grande da potergli perdonare qualsiasi eccesso. Inutile fare moralismi con un genio dei piedi che con il nostro modo di essere (persone normali) non ha nulla a che fare. Uno come Maradona sfugge a qualsiasi tipo di giudizio perchè è (stato) unico. Quindi, fare un biopic che risulti all'altezza di un personaggio del genere è un'impresa difficile. Non solo Marco Risi non ci è riuscito, ma non è andato nemmeno in quella direzione.
Nonostante i tecnicismi apprezzabili del film (fotograia, movimenti di macchina), Maradona la mano de D10s non sembra affatto parlare del pibe de oro. Il film di Risi (regista che apprezzo e per il quale mi auguro prima o poi un grande riscatto) è la storia di un calciatore di successo vittima della sua ignoranza e poca intelligenza che si rovina con il "vizio" della cocaina. In nessun punto del film si ha l'impressione che si sta parlando del più grande calciatore di tutti i tempi. Non mi si venga a dire che si è voluto raccontare il Maradona uomo perchè la falsità e l'artificialità di dialoghi e situazioni non fanno di questo film un'opera di realismo.
Il livello del film è quello di una mediocre tv-fiction mediaset.
Non so se è colpa di Risi o dell'attore Marco Leonardi, ma il personaggio Maradona che esce fuori dal film è così ridicolo da essere facilmente dimenticato.
Spero chemai e poi mai a qualcuno venga in mente di fare un film su Totò.
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Mio fratello è figlio unico

di Ferdinando Carcavallo

Nel romanzo "Il fasciocomunista" di Antonio Pennacchi, la storia di Accio Benassi era un pretesto per raccontare trent'anni di lotte politiche italiane dagli anni '60 ad oggi. Nel film di Luchetti, ispirato al romanzo, accade il contrario, ecco perchè il titolo è diverso.
La storia di Accio potrebbe essere quella di un qualsiasi adolescente inquieto che cerca ad ogni modo di contestare a trecentosessanta gradi il mondo in cui vive: famiglia, religione, società e amore. Accio è Elio Germano che non solo interpreta la parte del protagonista nel film ma è così convincente da diventare una sola cosa con il personagio. Ci sarà dificile, in futuro, immaginarlo in ruoli diversi (in fondo era già un po' Accio anche in N. di Virzì).
Nel film è stata ampliata molto la parte del fratello di Accio, Manrico, forse per dare più spazio al divo Riccardo Scamarcio che, comunque, una volta per tutte dimostra di essere principalmente un attore e poi tutto il resto.
Il ritorno alle grandi storie del regista Luchetti direi che convince; la sua è una regia misurata, non invadente, ma allo stesso tempo rigorosa e precisa. Belle le scene dei dialoghi tra Accio e il suo mentore fascista Nastri (Luca Zingaretti) così come molto ben fatte quelle delle contestazioni.
Nel film, alla cui sceneggiatura ha collaborato lo stesso Pennacchi, compaiono personaggi non presenti nel libro ma che ci hanno permesso di ammirare una splendida Anna Buonaiuto in un ruolo comprimario.
Era qusto il film che poteva ben rappresentare l'Italia agli Orcar? Beh, sicuramente è un film del quale andare fieri, ma forse difficile da apprezzare in un contesto Academy. La sconosciuta di Tornatore è sicuramente un film più facile.
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28 settembre 2007

Vedi Napoli e poi muori di Enrico Caria

di Ferdinando Carcavallo

Enrico Caria è uno dei pochi operatori della comunicazione che riesce a parlare di Napoli senza cadere nel retorico o nel bollettino di cronaca. Con il tocco ironico e satirico che lo contraddistingue (Caria è stato tra le firme principali de Il male e Cuore), il regista napoletano ha realizzato nel 2006 questo documentario dal titolo solo apparentemente iconografico probabilmente confidando in un coraggio e una lungimiranza dei distributori italiani che ancora una volta hanno dimostrato di non essere capaci a fare il loro mestiere. In questo caso il distributore avrebbe dovuto essere l'Istituto Luce, lo stesso che ha negato al pubblico l'ultimo lavoro del grande Sergio Citti e il bel film di Antonella de Lillo "Il resto di niente".
Eppure il genere documentario è tornato incredibilmente in auge, ma mentre importiamo dagli USA reportages cinematografici che ci raccontano di malasanità e abitudini alimentari spregiudicate di un paese lontano, un film come quello di Caria, che racconta una realtà vicina e pericolosissima come la totale assenza dello stato in una terra con un'economia completamente assoggettata al potere della malavita, viene completamente oscurato.
Anche volendo soltanto un mero discorso di cassetta (visto che solo questo capiscono i distributori), il film di Caria avrebbe potuto essere anche un'ottima occasione per il botteghino soprattutto cavalcando l'onda del libro Gomorra di Roberto Saviano, tra l'altro presente anche nel film.
In pieno stile dei documentari cinematografici, il film parte dall'intenzione del regista di girare un documentario sui prodotti tipici della Campania (ce lo vedete Caria che parla seriamente di mele, mozzarelle e melenzane?) che poi viene completamente dirottata verso un'analisi più approfondita dei cambiamenti delle abitudini della città durante gli ultimi dieci anni. Come nel libro di Saviano, dal film viene fuori una Napoli apparentemente senza speranza di cambiamento in cui il potere della camorra sembra essere l'unico, terribile e minaccioso punto di riferimento della città.
Oggi in DVD, il film di Caria è assolutamente da vedere, anche perchè nonostante la tragicità del tema (ma io sono troppo coinvolto) Vedi Napoli e poi muori non risparmia momenti di esilarante ironia.
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Alan Ford viaggia nel tempo

di Ferdinando Carcavallo

Il primo numero del fumetto Alan Ford è uscito nel maggio 1969. Da allora Max Bunker, prima in coppia con il grande disegnatore Magnus, poi con Piffarerio e oggi con Perruca, scrive ogni mese una nuova storia dello sgangherato gruppo TNT. Oggi Alan Ford è arrivato al numero 460, ma a fine mese sarà in edicola il numero 500.
Con un salto temporale di ben quattro anni, infatti, l'infaticabile "grande vecchio" (in senso affettivo) del fumetto italiano ancora una volta farà qualcosa che nessun altro finora aveva osato (almeno in Italia). Questa celebrazione anticipata del traguardo del numero 500 può essere letta in tanti modi. Forse il sempernoster Max non confida nella longevità del personaggio? Non credo. Alan Ford nei suoi quasi 40 anni di vita ha affrontato molte traversie e non credo che Bunker sia uno che teme per il futuro. Il problema è che quando si tratta di Max Bunker è difficile sapere cosa ha in mente davvero. La nota della casa editrice (Max Bunker Press) che annuncia l'evento è abbastanza criprica: Nel mondo del fumetto tutto è possibile. La forza della fantasia scardina qualsiasi forziere, sblocca qualsivoglia ostacolo e viaggia nello spazio a velocità del pensiero.
Su questi presupposti Max Bunker attraversa la barriera temporale e corre al febbraio 2011, va all’edicola e prende una copia del numero 500 di Alan, poi rompe ancora la barriera spazio-tempo per tornare ai nostri giorni con una stupefacente anticipazione: il N.500 è qui, nel settembre 2007, con un anticipo di quasi quattro anni!
Un numero che non può mancare nemmeno a quelli che non fanno la collezione!!


Il numero 500, comunque, esce nella serie degli albi Speciali di Alan Ford e non interrompe (nè turba) la cronologia ufficiale, nella quale per ottobre è previsto un episodio in cui farà l'ingresso nella saga un nuovo personaggio dal nome bunkeriano doc e molto evocativo: Geko Limortacci.

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