02 novembre 2006

The Black Dahlia

di Ferdinando Carcavallo

E' stato bello rivedere il vecchio Brian al lavoro. E' stato bello vederlo alle prese con un plot duro e sporco come il romanzo di Ellroy. Sarebbe stato altrettanto bello imbattersi in qualcosa di simile a The Untouchables, e per tutto quello che concerne la magia del set (camera, fotografia, scenografie) in effetti non si è andati molto lontani. Ma l'impressione che si ha vedendo questo film è quella di assistere ad un opera solo formalmente di De Palma. Un po' come quei grandissimi antichi affreschi realizzati dalle botteghe dei grandi maestri che si limitavano solo a supervisionare il lavoro e firmare l'opera. Gli ingredienti depalmiani ci sono tutti (bifocale, piani sequenza, rallenty...manca lo split screen) ma sembrano usati un po' troppo manieristicamente, come se il regista volesse citare se stesso.
Dal punto di vista della sceneggiatura, invece, The Black Dahlia pecca di una trascuratezza narrativa che rende molto difficile concentrarsi sulla vicenda principale, ossia l'orrendo assassinio della giovane Bett Short la cui personalità non viene mai approfondita per tutta la storia. Sembrerebbe che rispetto all'originale letterario De Palma abbia voluto focalizzare la storia sul rapporto tra i due poliziotti protaginisti (Hartnett e Eckhart) e la bionda Kay (Johansson) piuttosto che sulla squallida e triste vita dell'attricetta sulla quale Ellroy proiettava la tragica fine della madre assassinata. Tuttavia il grande Brian sembra fallire in questo intento mostrandoci per ognuno dei tre personaggi sempre troppo poco per riuscire a capire bene quello che accade.
In poche parole, De Palma pretende dal suo pubblico una grande concentrazione alle parole e alle immagini e una notevole capacità di memorizzare particolari che, onestamente, io non sono riuscito a onorare.

Ma il fallimento di un genio è sempre meglio del capolavoro di un mediocre.

P.S. Bellissime e inquietante l'apparizione di William "Phantom of Paradise" Finley.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Grande Brian!!! Sempre e malgrado tutto.


BenSG

Anonimo ha detto...

"Sembrerebbe che rispetto all'originale letterario De Palma abbia voluto focalizzare la storia sul rapporto tra i due poliziotti protaginisti (Hartnett e Eckhart) e la bionda Kay (Johansson) piuttosto che sulla squallida e triste vita dell'attricetta sulla quale Ellroy proiettava la tragica fine della madre assassinata."
Da questo passaggio in realtà viene il sospetto che tu la fonte letteraria non la conosca... Quelle scene nel film di De Palma in cui vediamo Elizabeth Short sono già un approfondimento maggiore sul personaggio della Dalia rispetto a com'è tratteggiata (cioè quasi niente) nel libro. Il romanzo di Ellroy è tutto su Bucky e Lee. E detto questo, De Palma ha "fallito" (il film è comunque molto bello) proprio nell'approfondimento dell'ossessione dei due per la morta.

Kinemazone ha detto...

Il personaggio di Elisabeth Short, invece, è molto più delineato nel libro di Ellroy. Nel film si vedono solo i provini ma dei mille fidanzati, alcuni dei quali inventati, di Elisabeth non v'è traccia. Anche del marine vi è solo un accenno. Quello che del libro non ho ritrovato nel film (e su questo siamo daccordo) è lo squallore e il tormento delle vite dei personaggi, non solo la Dahlia. L'ossessione stessa di Ms. Ice arriva così improvvisa da sembrare di origine schizofrenica.