27 novembre 2006

Eragon

Eccolo qua! Armiamoci di mutande rinforzate che sta per arrivare una botta di quelle forti.
Si chiama Eragon il fantasy movie di ambientazione medievale in arrivo nelle sale per Natale e che minaccia di essere il primo di una trilogia che farà impallidire in quanto a digeribilità e sintesi il mega-kakon del Signore degli anelli.
Anche questa saga è tratta da un opera letteraria (Trilogia dell'eredità) che mi dicono abbia venduto 2,5 milioni di copie nei soli Stati Uniti e sia stato tradotto per ben 38 paesi. Io, che sono un ignorante in questa e altre materie, non ho mai sentito parlare nemmeno distrattamente sia del libro che di Christopher Paolini, lo scrittore americano oggi ventitreenne che concepì il librone a soli 15 anni. Il terzo volume non è ancora stato scritto ... per cui c'è sempre la speranza che Christopher rinsavisca all'improvviso, abbandoni la famiglia che lo tiene segregato a scrivere nel Montana e si trasferisca con uno spogliarellista trans a vendere surf in Florida.
Christopher esci di casa, vai a donne e manda i tuoi a fare i Kull!

Una cosa come una decina di trailer

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La mia Super Ex-Ragazza

di Ferdinando Carcavallo

Finirà. L'indigestione di supereroi sullo schermo finirà probabilmente con il prossimo Spiderman (3), dopo il quale prevedo un declino inesorabile.
Non che abbia qualcosa contro i fumetti, per carità, ma la "moda" del supereroismo cinematografico comincia un po' a starmi sulle bat-palle.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato questo La mia super ex-ragazza, commedia che vorrebbe essere una rilettura ironica del tema conciliazione amore-sesso-super poteri ma che finisce nella farsa già a metà del primo tempo.
L'idea di base, come spesso accade, poteva essere vincente. Una supereroina, tale G-Girl, si innamora di un semplice (e anonimo) ragazzo newyorkese ed utilizza i suoi superpoteri per tenerselo stretto. Peccato che i più rozzi e scontati luoghi comuni della commedia sentimentale americana abbondino in maniera sconcertante. L'amico assatanato e maschilista, la ragazza dei sogni fidanzata col bellonne irragiungibile, la supereroina insaziabile a letto e il turpiloquio sono tutti elementi utilizzati dagli autori senza un minimo di criterio e di gusto. Evidentemente il target ipotizzato per questo film è un pubblico televisivo fermo ancora alle sitcom americane con le risate preregistrate.
Un prodotto che 10 anni fa avrebbe potuto avere un certo rilievo, ma oggi decisamente no.
Le variazioni sul tema Supereroi degni di considerazione ad oggi restano lo stupendo ritratto familiare de Gli Incredibili e l'adolescenziale Sky High.

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24 novembre 2006

23 novembre 2006

The Nativity Show

di Ferdinando Carcavallo

Se c'è una cosa che mi piace dei distributori cinematografici italiani è la fantasia che hanno nel rinominare i film stranieri.
Ultimamente ci hanno regalato delle perle uniche come "Se mi lasci ti cancello", "Prima ti sposo poi ti rovino" e il magnifico sottotitolo del capolavoro di Scorsese "The Departed - Il bene e il male" scaturito dal nulla.
Sono davvero imprevedibili. Hanno creato uno stile, tantevvero che spesso ci si diverte ad immaginare il titolo che possono trovare ai film ancora in produzione, ma nessuna ipotesi per quanto bizzarra supera in stravaganza la scelta reale.
Sono così originali e pronti alla sfida che quando il gioco diventa troppo semplice rinunciano. E' il caso di Nativity, il nuovo e inutile ennesimo polpettone religioso americano in uscita a Natale 2006. Su questo titolo non hanno voluto intervenire, come se si trattasse di un termine intraducibile, come Scoop, Blackout o Crack per i quali non esiste un corrispondente in Italiano altrettanto efficace.
Il termine Natività è forse sembrato riduttivo e provinciale agli esperti di marketing che avranno ritenuto l'accezione anglosassone più vicina alla tendenze linguistiche del pubblico giovane. E così la nascita di Gesù Cristo, pardòn di Jesus Christ, assume quella desinenza in -ity che va tanto di moda, come Reality, Mobility, Community e Ridicolity.
Nando Mericoni (Un americano a Roma) avrebbe brindato alla Nativity con "Scotch Wiskhy del Cansas City...ammazza che porcheria, aò.... ".


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Spiderman noir

La versione dark di Spiderman che caratterizzerà il terzo capitolo della saga di Sam Raimi l'avevamo vista in giro sul web già da un po'. Oggi, pero', mi è capitato di vedere questa locandina davvero molto bella che mi ricorda quella del magnifico noir di Siodmak Lo specchio scuro.
Forse il paragone è un po' azzardato, ma credo che questo nuovo Spiderman sarà un po' noir, visto che nonostante la presenza di una folla di villain come Goblin, Sandman, Venom e Mysterio il vero nemico che Spidey dovrà affrontare sarà proprio se stesso. L'attesa per il film è estenuante.
Un trailer fantasma e clandestino ha rivelato anche le sembianze del personaggio più bizzarro della storia del fumetto, ossia il simbionte Venom. Sicuramente per raccontare l'origine del personaggio Raimi avrà dovuto discostarsi dalla
storia originale, altrimenti avrebbe dovuto tirare in campo Reed Richards dei F4 e la sagfa delle Guerre Segrete. Vedremo cosa si sarà inventato.

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22 novembre 2006

Blade runner: the final cut

L'anno prossimo cade il 25nnale del capolavoro di Ridley Scott, il film forse più citato - dopo 2001 Odissea nello spazio - del cinema di fantascienza. Per l'evento la Warner ha grandi progetti, principalmente la riedizione definitiva ad opera del regista inglese che con il titolo Blade Runner - the final cut sarà distribuita nelle sale di tutto il mondo. Seguirà poi l'uscita del cofanetto DVD che conterrà tutte le edizioni (rimontaggi vari) compresa l'originale del 1982 e che i fan del film stanno aspettando almeno da dieci anni.
Nell'attesa di ciò, giusto per fare un po' di cassa, in Italia verrà ripubblicata in DVD la versione Directors Cut. Si tratta, in verità, di un DVD di ormai vecchia concezione, davvero essenziale (niente extra) e di qualità video/audio mediocre.

Intanto che tagliuzza e incolla celluloide, Scott ha ultimato il nuovo film in cui ha ancora fatto coppia con Russel Crow (Il gladiatore). Il titolo è Un amore per caso (The good year) e nel cast figurano anche Albert Finney e Giannina Facio, ex di Fiorello, Bosè e Iglesias e oggi produttrice cinematografica e compagna di Scott. A dicembre 2006 nei cinema italiani.

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20 novembre 2006

Thank you for smoking

di Ferdinando Carcavallo

A volte un film ti piace e non sai spiegarti il perchè. Molto dipende dalla predisposizione personale. Se si è impensieriti da qualcosa di grave è difficile che una commedia leggera riesca a farti staccare per un'ora e mezzo dai problemi, così se si è particolarmente euforici e contenti non si riesce ad entrare facilmente nell'atmosfera sobria di un film drammatico o comunque introspettivo.
Una delle poche cose giuste che ho fatto in vita mia è smettere di fumare, e forse per questo Thank you for smoking mi è piaciuto.
Diretto dal canadese Jason Reitman, il film racconta il mestiere di Nick Naylor (Aaron Eckhart), portavoce dell'associazione dei produttori del Tabacco che grazie alle sue doti di affabulatore mette la sua faccia a disposizione delle gogne mediatiche ogni volta che il fumo è al centro di polemiche e campagne salutari.
In particolare, ad essere in gioco è un decreto per l'affissione di un teschio mortuario sui pacchetti di sigarette contro il quale l'associazione si batte.
Quello che più colpisce del film (tecnicamente ineccepibile e ben interpretato) è il fatto che apparentemente ci sembra di assistere ad una satira grottesca delle major (non solo del tabacco), mentre alla fin fine non è che una rappresentazione (quasi) fedele della realtà. Nick Naylor lavora affinché nonostante le inevitabili conseguenze mortali del fumo la gente continui a pensare che i produttori di tabacco hanno a cuore la salute dei consumatori. L'assurdo di questa situazione è una realtà tangibile e verificabile da chiunque abbia voglia di farsi un giro sul sito web della Philip Morris (www.philipmorris.com) dove, a differenza di qualsiasi sito aziendale, sono del tutto assenti immagini dei prodotti mentre dappertutto si descrive l'impegno dell'azienda per la prevenzione contro il fumo dei giovani. Un'ipocrisia formale molto vicina al cinismo che nel film pervade le discussioni a cena dei tre mercanti di morte che si sfidano a colpi di numeri di vittime di alcool, armi e sigarette.
Se il film non resterà nella storia del cinema, sicuramente sarà difficile dimenticare l'episodio della visita al produttore hollywoodiano con il quale Nick tenta di concordare un rilancio di fumatori positivi nelle pellicole d'azione. Una prassi consueta con tanti altri beni di consumo (telefonini, occhiali da sole, auto) appatrentemente non letali.

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L'amico di famiglia

di Jack Fertile

Geremia, la bruttezza del mondo, vive, anziano, con l’anziana madre in un paese dell’Agro Pontino.
Gestisce una piccola sartoria ma, in realtà, trascorre la vita accumulando denaro praticando l’usura e assistendo la madre paralitica bloccata a letto davanti a un televisore perennemente acceso.
Dal suo appartamento intravede la gioia di vivere di un gruppo di ragazze che giocano a pallavolo (torna alla mente Pane e Cioccolata di Brusati) e prende coscienza del fatto che può ambire soltanto ad un surrogato di paradiso terrestre ottenibile grazie, e solo, ai suoi sporchi mezzi.
Il paese è di quelli, senza prospettiva, da cui è lecito sognare di scappare e che trovano nell’elezione di una miss l’unico evento sociale degno di nota.
Nella rete di Geremia, amico di famiglia, cadranno un padre che deve trovare i soldi per sposare la figlia, una nonna malata di Bingo, una giovane coppia in difficoltà, ma, e soprattutto, gli spettatori ai quali non è consentito non nutrire un sentimento di fastidio e odio nei suoi confronti, un sentimento che spinge però alla consapevolezza e all’abbandono della rassegnazione.

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Pomodori per De Laurentiis (Io uccido III)

di Ferdinando Carcavallo

Adesso si fa il nome di Jon Avnet per la direzione dell'adattamento cinematografico di Io uccido, il romanzo di esordio e di maggior successo di Giorgio Faletti.
Dopo l'abbandono di Bruce Beresford e la derisione di David Cronenberg, Il produttore Aurelio De Laurentiis sembra aver convinto, con l'aiuto degli abbonati S.C. Napoli, il regista di Pomodori verdi fritti a prendere il considerazione il progetto. La sceneggiatura è già pronta da un bel po', per opera addirittura di Davide Ferrario, ed è aperto il casting per i ruoli minori, mentre una riservatezza politica vige sul nome del protagonista. Faletti ha dichiarato di accontentarsi di un George Clooney. Nemmeno per sogno, quindi, l'idea di dare fiducia al cinema italiano, come se si trattasse di un virus da debellare.
A questo punto, viste le premesse esterofile e megalomani con le quali questo progetto sta andando avanti, non ci resta che sperare in un flop che non coinvolgerebbe economicamente il simpatico (e bravo) scrittore astigiano ma potrebbe dare una lezione di vita al produttore napoletano. E un monito anche per i tifosi.

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14 novembre 2006

Niccolò Ammaniti intervista KinemaZOne

di Ferdinando Carcavallo

Dopo aver invano inseguito lo scrittore romano per una banalissima intervista email, siamo riusciti ad ottenere di più.
Ecco una intervista vera soltanto a metà di Niccolò Ammaniti ad uno dei più belli e culturalmente attraenti suoi lettori.

Niccolò Ammaniti: Ciao Kinema. Ti vedo in forma.
KinemaZOne: Grazie, Nic. Anche tu, pero' ti preferivo con la barba.
NIC: Provvedero'. Veniamo al tema dell'intervista. Partiamo subito con una domanda secca. Ti è piaciuto il mio nuovo libro "Come Dio Comanda"? Rispondi si o no.
KZO: Posso rispondere dopo a questa domanda?
NIC: E come no. E' tuo il blog... Passiamo allora ad un altra. Prima di questo hai letto altri miei libri?
KZO: Eccome. Li ho letti tutti, a parte la Global Novel ...come si chiama?
NIC: Ho capito...non mi ricordo. E qual'è il tuo preferito e quello che meno ti è piaciuto?
KZO: Quello che mi è piaciuto di meno è sicuramente "Branchie", ma anche perchè l'ho letto dopo tutti gli altri e quindi l'ho trovato troppo "giovanilistico". Mentre quello che mi è piaciuto di più è "Fango".
NIC: Ma "Fango" è una raccolta di racconti.
KZO: E infatti, Niccolò, credo che tu dia il meglio di te nei racconti. Anche quello di "Crimini" (Il mio tesoro) era un capolavoro.
NIC: Quindi, stai dicendo che i miei romanzi non ti piacciono?
KZO: No...forse è un limite mio...ma i tuoi romanzi, in fondo, mi sembrano cuciture (a volte un po' forzate) di bellissimi racconti.
NIC: In che senso?
KZO: Nel senso che ogni personaggio è una storia che in qualche modo si intreccia con quella di qualcun altro e ...
NIC: Ma la maggior parte dei romanzi moderni sono così
KZO: Si, ma nel tuo caso l’amalgama che tiene insieme le storie non sempre riesce ad essere efficace.
NIC: A cosa ti riferisci?
KZO: In "Ti prendo e ti porto via", per esempio, i personaggi erano anche geograficamente distanti tra loro ed il bello di quel libro è che fino alla fine (o quasi) non si intravede un punto di unione e quando questo arriva sembra di cominciare a leggere un nuovo libro…
NIC: E invece, in "Come dio comanda"?
KZO: In "Come Dio comanda" accade esattamente il contrario. Il romanzo inizia corale, tutti i personaggi si muovono sullo stesso territorio e con un fine comune, poi ad un certo punto si disgregano. Quindi di punto in bianco da un romanzo si passa ad una serie di racconti.
NIC: E’ questo, nel caso fosse così, non ti è piaciuto?
KZO: Non fraintendermi, hai scritto un grande libro (il migliore che ho letto quest’anno) ma stavolta la tua passione per i ritratti umani è andata un po’ oltre il tollerabile.
NIC: In pratica?
KZO: In pratica, Niccolo’, a cominciare da due terzi del libro ho cominciato a desiderare che terminasse al più presto.
NIC: Beh, posso chiederti in quanto tempo lo hai letto?
KZO: Perché me lo chiedi?
NIC: Poi ti dico. In quanto tempo?
KZO: Fammi pensare…circa un mese.
NIC: Un mese?
KZO: Circa. Mica tutti i giorni ho il tempo di leggere…
NIC: Vabbè, ma se ci metti un mese a leggere un libro come puoi pretendere di coglierne appieno lo spirito?
KZO: Che c’entra?
NIC: C’entra e come. E come se ti dicessi che a me "C’era una vota in America" non è piaciuto perché era troppo lento, dopo pero’ che per due mesi ho visto uno spezzone alla settimana…
KZO: Che paragone è? Il film è un’opera che va vissuta come esperienza continua.
NIC: Ed anche un libro, almeno un mio libro. Non dico che va letto tutto d’un fiato - in una notte piovosa per esempio - ma almeno nell’arco di una settimana (massimo). Un libro richiede concentrazione, devi dedicargli un pezzo della tua vita e non delle briciole.
KZO: beh, forse hai ragione.
NIC: Se tu che ce l’hai.
KZO: Mi hai covinto. "Come Dio comanda" è un’esperienza di una notte…una botta e via.
NIC: Occhéi, finiamola qua. Vuoi dire ancora qualcosa?
KZO: Vorrei farti una domanda. Posso?
NIC: Certo.
KZO: Ti hanno iscritto a un gioco grande?
NIC: ?

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13 novembre 2006

Tutti gli omuncoli del presidente

Un fallito broglio elettorale è al centro del documentario Uccidete la democrazia di Beppe Cremagnani ed Enrico Deaglio in cui, tra fiction e giornalismo, si racconta l'estremo disperato tentativo della Casa delle Libertà di ribaltare il risultato delle elezioni politiche del 2006.
Alla maniera di Michael Moore il documentario ci presenta fatti concreti, documentati di numeri e date, raccontati da un fantasioso testimone interpretato da Elio de Capitani (Il Caimano).
Il trucco che si sospetta abbiano utilizzato gli ex governatori del paese è quello classico della falsificazione delle schede bianche, metodo caro ed in voga nella Prima Repubblica - oggi supportato da un software - e portato al cinema da Daniele Luchetti ne Il portaborse e che il nuovo sistema elettorale ci illudevamo avesse reso innocuo.
Il documentario, diretto da Ruben H Oliva, sarà allegato dal 24 novembre alla rivista Diario diretta da Deaglio.

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Vittorio de Sica

di Ferdinando Carcavallo

32 anni fa moriva Vittorio De Sica. Credo che mai si riuscirà a dare il giusto tributo ad un artista come lui. Tributo che dovrebbe venirgli dal cinema mondiale ma soprattutto da quello Italiano, ma si sa che gli Italiani hanno (abbiamo) la memoria corta ed una innata insensibilità per geni ed artisti.
E Genio ed Artista Vittorio De Sica lo era in pieno. Grande interprete della preistoria della commedia italiana (quella cosiddetta dei Telefoni bianchi) è stato poi interprete e principale autore di quella gloriosa degli anni '50 e poi re-inventore del cinema italiano con la sua intuizione sbalorditiva che lo portò a creare un cinema del tutto diverso da quello fino ad allora interpretato. Ladri di biciclette è stato per il cinema mondiale quello che l'invenzione del telegrafo è stato per la civiltà moderna. Dopo quel film il cinema è diventato qualcosa di diverso, uno specchio della realtà, un'amplifuicatore incredibilmente potente per le voci deboli e le orecchie pigre.
Non sta a me ma agli storici del cinema ricordare tutte le opere magistrali di De Sica, ma ricorderei che oltre a La Ciociara, Sciuscià, e Umberto D., Vittorio ha realizzato uno dei ritratti più belli della mia città (quello che era la mia città) intitolato Il giudizio universale.

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08 novembre 2006

Un passo più lungo

Omar Pesenti è giovane (29 anni) e vuole fare il regista e come tutti i giovani che vogliono fare i registi, nell'attesa di avere l'accasione giusta, si organizza come può a produrre i primi cortometraggi.
Con l'aiuto del digitale (miniDV), la benevolenza e la passione di amici e parenti e una bella dose di talento e ostinazione personali Omar è arrivato alla realizzazione di Un passo più lungo, un mini-noir sullo stampo dei gloriosi maestri americani dalla trama semplice e amara.
Il "passo" al quale il titolo si riferisce è quello di un maturo (e capoccione ;-P) detective privato che per una volta, stanco di inseguire mogli infedeli per conto di mariti cornuti, accetta di occuparsi di un caso più stimolante come il ricatto di una giovane e ricca signora; ma probabilmente con questo titolo Omar ha voluto coprirsi di mopdestia etichettando come "passo più lungo della gamba" la decisione di misurarsi con un genere così glorioso per la sua prima sortita.
Il risultato ha certamente tutte le caratteristiche dei lavori amatoriali, ma fanno ben sperare l'uso dosato che Pesenti fa degli stereotipi di genere (bianco e nero, voce fuori campo, carrellate, dissolvenza incrociata) e la sapiente direzione di attori visibilmente non professionisti.
Vale la pena sempre di guardare le opere prime e incoraggiare i giovani talenti, ma in questo caso più che in altri chi può dovrebbe anche investire nelle capacità di Omar.
Credo che risentiremo parlare di lui.

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06 novembre 2006

The departed

di Ferdinando Carcavallo

L'ultimo di Martin Scorsese ha tutte le caratteristiche per essere un grande film. Ed infatti lo è.
Non è certamente il suo capolavoro, ma sicuramente oltre ad essere un ottimo esempio di CINEMA con tutte e sei le lettere maiuscole The departed conferma che Scorsese è ancora oggi un regista che fa scuola.
Fa scuola innanzitutto agli attori che dirige, come Leonardo Di Caprio che alla sua terza collaborazione con Martin (Gangs of New York, The aviator) è diventato a tutti gli effeti una star, mentre star già lo era Jack Nicholson, ma bisogna riconoscere a Scorsese l'abilità di averne colto più l'aspetto dark, che finora solo Tim Burton nel suo Batman era riuscito a tirar fuori, che quello folle caro a Kubrick.
Nei libri di critica cinematografica su Scorsese che saranno pubblicati da oggi in poi sono sicuro che si parlerà di The Dearted soprattutto per le sequenze che precedono i titoli di testa, un prologo che vale da solo un oscar per il montaggio e la regia che ci presenta in penombra il personaggio demoniaco di Frank Costello (Jack Nicholson).
Non tutto è bello e d esaltante, pero', in questo film.
Di negativo segnalerei la presenza di Matt Damon, attore del tutto inappropriato per un ruolo complesso come il suo, cosa della quale Scorsese è fin troppo cosciente dal momento che riduce al minimo le occasioni di mostrarne il volto inespressivo e sgraziato dell'attore.
Il finale extra-pulp (in cui si svela a pieno l'origine orientale del plot) ricorda lo stesso Scorsese di Taxi driver, piuttosto che i suoi discepoli Tarantino e Spike Lee.

Da vedere per verificare che quando si è grandi si è grandi sempre.


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05 novembre 2006

Saddam

di Ferdinando Carcavallo

Non so quanti di voi questa estate hanno avuto modo di vedere su Rai 3 gli episodi di "Buttafuori" con Valerio Mastandrea e Marco Giallini. Si trattava di una serie di sketch parlati tra due addetti alla sicurezza perennemente appostati all'ingresso di una discoteca. Uno duro e realista, l'altro sognatore e più fragile. Non erano affatto male, facevano ridere e per niente pretenziosi e poi...duravano poco, quel tanto che basta per non annoiare.

Saddam di Max Chicco, invece, pur basandosi su due soli personaggi immobili che parlano e litigano in continuazione dura quasi un'ora e mezzo. Il duro e il fragile parlano come Lillo e Greg quando fanno la parodia dei thriller americani, usando uno slang pieno di "bastardo", "fottiti", "ok?" che non appartengono affatto alla cultura dei personaggi che Mauro Stante e Riccardo Leto tentano di interpretare.
Il plot ci sarebbe. I due contractors italiani in Iraq fanno la guardia ad una cella contenente un prigioniero VIP per conto dell'esercito statunitense. Tutto il contesto li spinge a sospettare che all'interno della cella ci sia Saddam Hussein e decidono di procurarsi una foto da rivendere ai media e intascare un bel po' di soldi. Il finale, devo dire, non è dei peggiori, ma il problema è che è difficile arivarci con benevolenza.

Più che un film Saddam sembra l'adattamento televisivo di una piece teatrale, ma non di quelle lodevoli trasmesse di tanto in tanto il sabato notte su Rai 2, piuttosto da filodrammatica del dopolavoro Fiat.
Ho visto il film su DVD, e credo che sia l'unica situazione possibile per un film del genere. Una sala buia, una poltroncina comoda e la voce monocorde degli attori mi avrebbero conciliato il sonno dopo nemmeno 5 minuti. E forse sarebbe stato meglio.

Da tener presente, comunque, che regista e attori sono alla loro prima esperienza. Questo non deve essere assolutamente un attenuante, dal momento che l'opera non si presenta come un prodotto amatoriale (ha avuto una seppur minima distribuzione nelle sale in Piemonte), ma sicuramente è un fattore importante per la valutazione del film.
Max Chicco è comunque un autore da tener d'occhio.
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02 novembre 2006

The Black Dahlia

di Ferdinando Carcavallo

E' stato bello rivedere il vecchio Brian al lavoro. E' stato bello vederlo alle prese con un plot duro e sporco come il romanzo di Ellroy. Sarebbe stato altrettanto bello imbattersi in qualcosa di simile a The Untouchables, e per tutto quello che concerne la magia del set (camera, fotografia, scenografie) in effetti non si è andati molto lontani. Ma l'impressione che si ha vedendo questo film è quella di assistere ad un opera solo formalmente di De Palma. Un po' come quei grandissimi antichi affreschi realizzati dalle botteghe dei grandi maestri che si limitavano solo a supervisionare il lavoro e firmare l'opera. Gli ingredienti depalmiani ci sono tutti (bifocale, piani sequenza, rallenty...manca lo split screen) ma sembrano usati un po' troppo manieristicamente, come se il regista volesse citare se stesso.
Dal punto di vista della sceneggiatura, invece, The Black Dahlia pecca di una trascuratezza narrativa che rende molto difficile concentrarsi sulla vicenda principale, ossia l'orrendo assassinio della giovane Bett Short la cui personalità non viene mai approfondita per tutta la storia. Sembrerebbe che rispetto all'originale letterario De Palma abbia voluto focalizzare la storia sul rapporto tra i due poliziotti protaginisti (Hartnett e Eckhart) e la bionda Kay (Johansson) piuttosto che sulla squallida e triste vita dell'attricetta sulla quale Ellroy proiettava la tragica fine della madre assassinata. Tuttavia il grande Brian sembra fallire in questo intento mostrandoci per ognuno dei tre personaggi sempre troppo poco per riuscire a capire bene quello che accade.
In poche parole, De Palma pretende dal suo pubblico una grande concentrazione alle parole e alle immagini e una notevole capacità di memorizzare particolari che, onestamente, io non sono riuscito a onorare.

Ma il fallimento di un genio è sempre meglio del capolavoro di un mediocre.

P.S. Bellissime e inquietante l'apparizione di William "Phantom of Paradise" Finley.

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