di Ferdinando Carcavallo
Estate, tempo di classici in TV. Ieri hanno dato ancora una volta il capolavoro di Monicelli, e nonostante l' avessi visto almeno 30 volte me lo sono riguardato.
Su questo film è stato detto di tutto, e non è ancora abbastanza. Ieri soltanto, pero', ho notato qualcosa che in passato mi era sfuggito, e cioè che gran parte del film è un tributo alla fugura di Totò ed a quello che il comico rappresentava all'epoca delle riprese.
Totò era, sebbene attivissimo, un attore che rappresentava la commedia passata, fatta di spensieratezza ed evasione, mentre quella che si stava affacciando in Italia, e di cui I soliti Ignoti era il capostipite, era una commedia più amara e legata alla spesso triste e misera realtà italiana.
Notate la scena in cui Totò compare nel film. Si tratta della scena della proiezione del filmino di sopralluogo girato dal fotografo Tiberio allo scopo di permettere all'esperto maximo Dante Cruciani (Totò, appunto) di analizzare la cassaforte e carpirne la combinazione.
L'intera proiezione si svolge al buio con tutti i personaggi illuminati dal proiettore tranne Cruciani che è appena visibile in penombra al centro dell'inquadratura. Quando la proiezione termina e qualcuno accende la luce questa illumina in maniera quasi irreale solo il volto di Totò che sembra apparire come una visione al centro della scena. Ci sono più significati e metafore in questa inquadratura che nella "Vergine delle Rocce". Almeno io ci vedo un passaggio del testimone della commedia italiana da Totò alla nuova generazione rappresentata da Gassmann e Mastroianni i quali, raccolti attorno a quella stupenda icona, attendono una benedizione.
La frase che pronuncdia Totò/Cruciani, del resto, non lascia adito ad equivoci: "Come film è una vera schifezza, ma quello che ho visto può bastare", come dire "Non è la comicità travolgente e fisica di cui io sono ancora il Principe, ma qualcosa di buono c'è!". Una sorte di bonaria e ironica sentenza di approvazione.
Su questo film è stato detto di tutto, e non è ancora abbastanza. Ieri soltanto, pero', ho notato qualcosa che in passato mi era sfuggito, e cioè che gran parte del film è un tributo alla fugura di Totò ed a quello che il comico rappresentava all'epoca delle riprese.
Totò era, sebbene attivissimo, un attore che rappresentava la commedia passata, fatta di spensieratezza ed evasione, mentre quella che si stava affacciando in Italia, e di cui I soliti Ignoti era il capostipite, era una commedia più amara e legata alla spesso triste e misera realtà italiana.
Notate la scena in cui Totò compare nel film. Si tratta della scena della proiezione del filmino di sopralluogo girato dal fotografo Tiberio allo scopo di permettere all'esperto maximo Dante Cruciani (Totò, appunto) di analizzare la cassaforte e carpirne la combinazione.
L'intera proiezione si svolge al buio con tutti i personaggi illuminati dal proiettore tranne Cruciani che è appena visibile in penombra al centro dell'inquadratura. Quando la proiezione termina e qualcuno accende la luce questa illumina in maniera quasi irreale solo il volto di Totò che sembra apparire come una visione al centro della scena. Ci sono più significati e metafore in questa inquadratura che nella "Vergine delle Rocce". Almeno io ci vedo un passaggio del testimone della commedia italiana da Totò alla nuova generazione rappresentata da Gassmann e Mastroianni i quali, raccolti attorno a quella stupenda icona, attendono una benedizione.
La frase che pronuncdia Totò/Cruciani, del resto, non lascia adito ad equivoci: "Come film è una vera schifezza, ma quello che ho visto può bastare", come dire "Non è la comicità travolgente e fisica di cui io sono ancora il Principe, ma qualcosa di buono c'è!". Una sorte di bonaria e ironica sentenza di approvazione.
La partecipazione di Totò a questo film, quindi, è più di un cameo, ma è l'essenza stessa del film.
Non è un caso che il divo George Clooney, produttore del mediocre remake americano Welcome to Collinwood, abbia voluto riservare per se la parte di Dante Cruciani senza cambiare una virgola della regia di Monicelli soprattutto nella citata scena della proiezione.
3 commenti:
Esatto, proprio così!
Ieri sera mi sono messo a sproloquiare alla platea tutta proprio riguardo quell'inquadratura, l'uso delle luci dal basso e frontale, eccetera.
caspita... :D
Che grande Totò...
E la tua analisi mi sembra molto azzeccata!
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