Napoli Film Festival 6/6/2006: Dopo la proiezione del suo Le belle famiglie (Ita 1964), il regista romano Ugo Gregoretti ha espresso il suo rammarico per la sorte non felicissima del film, accolto con furibonda ostilità dai critici di allora, e rimasto nei suoi ricordi come una ferita ancora aperta. La mia provenienza televisiva era un marchio di illegittimità, non mi veniva perdonata, ricorda Gregoretti. Per questo dopo Le belle famiglie ha deciso di abbandonare il cinema e ritornare a lavorare per la tv, accettando "l’invito" dei suoi detrattori. Mi definisco uno sfigato permanente, ma mi salva un invincibile buonumore e la tendenza all’ottimismo.
Gregoretti ammette infatti che la televisione gli ha consentito una maggiore libertà espressiva: Il cinema obbligava a compromessi mortificanti, il padrone era il mercato, in tv ero invece libero di usare gli attori che volevo, purché costassero poco, e non mostrassi tette e posteriori scoperti.
Alla domanda su quale sia a suo avviso il principale problema del cinema italiano, Gregoretti punta l’indice contro lo Stato: I principali nemici del nostro cinema sono quelli che ci governano, i quali vorrebbero si facessero solo i film di Natale, sostenendo che il film è merce. Le sovvenzioni, le tutele sono tutte per questo tipo di cinema, negandone il valore di prodotto culturale, commerciandolo come fossero bottoni o salumi. Per Gregoretti il cinema italiano Deve riconquistare quel peso, quell’importanza e quella capacità di attrazione che aveva negli anni Sessanta. Oggi il nostro cinema è l’ombra di se stesso.
Ma forse è anche “colpa” della libertà di cui si gode oggi: La censura ci aveva fatto diventare dei combattenti, oggi non c’è più quello slancio, non succede più come avvenne a De Sica di essere scoperto a "barattare parole" con un produttore, a suon di “d’accordo, io ci levo stronza, ma lascio puttana".
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