27 giugno 2006

Hanno ucciso Superman?

di Ferdinando Carcavallo

Dopo l'atteso film di Bryan Singer Superman sarà ancora protagonista dello schermo in Hollywoodland, debutto al cinema del regista Allen Coulter dopo una lunga militanza in serial di culto come Casalinghe Disperate, Sex and the City, Six feet under e I Soprano.
Il film, che uscirà a settembre 2006, conta su un cast davvero di eccezione ed è incentrato sulla vicenda del suicidio dell'attore George Reeves, il Superman televisivo degli anni '50.
La trama racconta del detective privato Louis Simo (Adrien Brody) che chiamato ad indagare sul misterioso suicidio di Reeves (Ben Afflek) scopre che questi aveva una relazione con Toni Mannix (Diane Lane), la moglie di un noto e potente produttore cinematografico (Bob Hoskins), sul quale cadono subito i sospetti di omicidio.
Il film è basato su una storia vera che fece scalpore all'epoca e che ancora oggi è ricordata e condita di un alone di mistero, come tutti i suicidi dei divi Hollywoodiani. La vicenda di Reeves e quella ancor più tragica di Christopher Reeve (il Superman di Donner del 1978) hanno inevitabilmente contribuito alla nascita della credenza della maledizione del personaggio. Tutte sciocchezze, Brandon, non preoccuparti.

Da YahooMovie il primo trailer e un blog con informazioni sul film e Reeves.




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26 giugno 2006

Il mio miglior nemico

di Ferdinando Carcavallo

Non ho mai visto un film di Natale della ditta Boldi-De Sica, ma immagino non possa essere peggio di questo della coppia Verdone-Muccino.
Pur conservando la stima per Verdone e la simpatia per il giovane Silvio, devo dire che Il mio miglior nemico rappresenta davvero una grande delusione. Intendiamoci, non che le mie aspettative fossero granchè. Negli ultimi film Verdone si è fossilizzato in un personaggio che a lungo andare è diventato insopportabile, ma mi illudevo che la ventata di freschezza di un giovane collega potesse significare per il collaudato regista-attore romano quello che anni fa lui stesso fu per il grande Alberto Sordi (In viaggio con papà).
Beh, non solo la ventata di freschezza non c'è stata, ma il risultato è addirittura un film noioso, sconclusionato e per niente interessante. Situazioni e risvolti oltre il limite della logica narrativa, personaggi ambignu (dal punto di vista della scrittura), siparietti sentimentali inopportuni e retorici (il figlio che cerca il padre, il padre che cerca la figlia), la la cosa peggiore è sicuramente l'interpretazione monotona e esagerata di Verdone, un cineasta che ha firmato alcune delle ultime vere commedie all'italiana (Borotalco, Compagni di scuola) e che oggi a 56 anni sembra già in (avanzata) fase decadente.

Riguardo Silvio Muccino, considerando che a 17 anni ha firmato la sua prima sceneggiatura (1999, Come te nessuno mai), se oggi che ne ha 24 quello che riesce a fare è cose come queste che non hanno capo né coda, forse dovrebbe fermarsi un attimo a riflettere sul suo futuro. Peccato bruciarsi.

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The Omen

di Ferdinando Carcavallo

Non è esatto dire che questo The Omen sia il remake dell’omonimo (in Italia Il presagio) film del 1976 di Richard Donner con Gregory Peck, piuttosto ne è il facsimile, nemmeno venuto tanto bene.
Non una parola, non una inquadratura del film di John Moore si discosta dal vecchio modello. Unici contenuti nuovi sono il prologo anti-italiano in cui Roma è dipinta come una città il cui traffico è la maggiore risorsa e gli incubi rivelatori dei genitori di Damien, che comunque ricordano sempre molto fedelmente altri film di genere.
La scena in cui Damien con lo skate (nell’originale era un triciclo) fa precipitare la madre dalla sedia è addirittura degna di un fine copista di quadri.
L’operazione di remake-anastatico ricorda quella di Gus Van Sant con Psycho, ma in questo caso non abbiamo a che fare con un classico da omaggiare, ma soltanto con una pigrizia intellettiva e una voglia di risparmiare senza precedenti (inizialmente il progetto prevedeva Harrison Ford ed Emma Thompson). Non voglio certo fare paragoni tra Gregory Peck e Liev Schreiber, ma l’impressione che si ha è che si è voluto fare un remake a bassissimo costo. L’uso del digitale, inoltre, ha reso meno verisimili le scene più terrificanti che avevano caratterizzato il primo film, come il prete trafitto dal parafulmine o la decapitazione del fotografo. La presenza di Mia Farrow – strategica in quanto evocativa di un (vero) classico come Rosemary Baby – è ridotta al minimo forse per questioni di cachet, ma sicuramente l’elemento più inquietante del film.
Insomma, per chi ha visto l’originale godersi questo film è impossibile perché il regista fa di tutto per fartelo ricordare e rimpiangere. Fino a pochi anni fa film del genere venivano fatti per la televisione e chiamati adattamenti o riduzioni televisive. Il fatto che oggi ce li ritroviamo nelle sale conferma la tendenza dei produttori a considerare il prodotto cinematografico come una cosa ibrida non con una precisa collocazione: televisione, cinema o Home Video sono solo canali alternativi per la distribuzione.

The Omen, John Moore, Mia Farrow, Richard Donner
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24 giugno 2006

Hendel vince l'Ischia Film festival

Il film di Lorenzo HendelQuando i bambini giocano in cielo” è il vincitore della quarta edizione dell’Ischia Film Festival, l’evento cinematografico dedicato alle location, ideato e diretto da Michelangelo Messina.

La giuria, presieduta dal premio Oscar Gabriella Cristiani, dalla regista Antonietta De Lillo e dal produttore Mario Orfini ha inoltre premiato, come miglior film straniero, “Il cane giallo della Mongolia” di Byambasuren Davaa. Altri riconoscimenti sono andati a: Marco Bellocchio miglior regista per il suo ultimo film “Il regista di matrimoni”, a Pasquale Mari per la fotografia di “Tre giorni di anarchia” e al film “Viaggio alla Mecca” per la migliore scenografia.

Nella sezione “Corti & Documentari”, la Giuria presieduta dal regista e sceneggiatore Mario Brenta, dall’attore Enrico Lo Verso e da Paola Martini ha assegnato il premio per il miglior documentario a “Locating little wing, appunti per un film da girare in Africa”, di Francesco Castellani e a “Foku – Fuoco sporco”, di Claudio Bozzatello, come miglior cortometraggio.

Menzioni speciali anche per “Tamang” di Guido Freddi e “Come a Cassano” di Pippo Mezzapesa.

Nel corso della serata conclusiva del Festival, il Ciak di Corallo alla carriera verrà consegnato al regista polacco Krizstzof Zanussi.

Arnoldo Foà all'Ischia Film Festival

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22 giugno 2006

AD Project di Eros Puglielli

di Ferdinando Carcavallo

La strada della distribuzione Home Video per quanto permetta di arrivare al pubblico in maniera più economica, è un grosso rischio per gli autori visto che la visione domestica è poco tollerante con lentezze e tempi morti.
Finora il mio entusiasmo si è smosso solo per Il mistero di Lovecraft, mentre non sono riuscito ad arrivare al termine di H2Odio (Alex Infascelli) e ho deciso di mettermi a lavorare dopo la prima scena di The torturer (Lamberto Bava) - preferisco tacere dello spiacevole episodio di Dario Argento.
AD Project l'ho visto tutto, e principalmente perchè il regista Eros Puglielli mi è simpatico, così come mi è simpatico il progetto The Coproducers di autofinanziamento (in pratica tutti lavorano gratis ma godono degli utili in proporzione del cachet).

Nel caso di AD Project, quindi, la strada dell'HV non è stata una trovata pubbicitaria per un prodotto che nelle sale sarebbe stato disertato, ma una logica conseguenza del contesto in cui il prodotto è stato concepito.
Il digitale, l'autofinanziamento e l'home video hanno dato vita ad un movimento cinematografico che nel film di Puglielli sembra trovare il proprio manifesto: pochezza di mezzi (intesi come budget) ma tanta inventiva ed entusiasmo.
A.D Project è un film di fantascienza ma del tutto avulso allo sci-fi di stampo hollywoodiano, mentre ricorda molto la fantascenza televisiva degli anni '70. Mi piace pensare che Puglielli, intelligentemente, nel dover realizzare un prodotto di fantascienza per la visione televisiva abbia avuto in mente come modelli gli sceneggiati degli anni '70 come A come Andromeda o Gamma, oppure i telefilm inglesi tipo Il progioniero in cui c'era molta atmosfera e mistero ma pochissimi effetti speciali.
Un prodotto dal sapore vintage molto ben fatto, anche se qualcuno potrà rimanere un po' sconcertato dal finale. L'intreccio alla fine risulta un po' un pastrocchio ma l'incastro degli eventi in una dimensione temporale ciclica è congegnata bene.
Ritroviamo in AD Project l'intero cast di Tutta la conoscenza del mondo, primo lungomentraggio di Puglielli con il quale il film ha in comune la passione mer l'esoterismo, pur essendo pervaso il primo di una ironia che qui pare assente.
Tutti gli attori sono gradevoli, dalla Mezzogiorno ad Albertazzi, fino alla bellissima Eleonora Mazzoni, che sembra una diva anni '50.
Rispetto alla filmografia di Puglielli, AD Project sembra un passo indietro verso un cinema più artigianale e di contenuto, dopo Occhi di cristallo e la fiction 48 ore in cui Eros si è soffermato soprattutto nella cura dell'aspetto tecnico con fotografia super patinata, morphing a volontà e movimenti di macchina vertiginosi.
P.S. Il film è del 2005 e stranamente non è ancora su IMDB. Ho inserito io la scheda e aspetto la conferma.

Upgrade (30/07/2006): Aggiunta scheda su IMDB.


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16 giugno 2006

Incontro con Arnoldo Foà all'Ischia Film Festival

di Ferdinando Carcavallo

Arnoldo Foà e Ferdinando CarcavalloL’immagine di Arnoldo Foà che ho impressa nella mente da quando ero bambino lo ritrae vestito da Rigoletto che sulle note di Quanno mammeta t’ha fatto canta “Comme facezia ‘e Mantova nisciuno è meglio ‘e me”.
Ma Foà è molto più di un attore televisivo. Novant’ anni di cui 70 di teatro, con significative escursioni al cinema e innumerevoli presenze televisive.
Non ho mai fatto distinzione tra cinema teatro e televisione nelle mie scelte. Ho fatto tutto con lo stesso obiettivo: quello di arrivare al pubblico con qualcosa di interessante.
Nessuno snobismo.
In televisione ho fatto Shakespeare e i musicarelli con il Quartetto Cetra, e al cinema ho lavorato con rispetto e impegno per Blasetti e quei tre della Gialappas, ma sempre cercando di fare cose intelligenti. E credo di esserci riuscito, per quello che a 90 anni riesco a ricordare.
Scherza molto sulla sua età, Arnoldo Foà, seduto beatamente sulla terrazza dell’albergo Miramare Castello ad Ischia dove è ospite d’eccezione per l’apertura dell’Ischia Film Festival.
Nel film Antonio il guerriero di Dio di Antonello Belluco, presentato ad Ischia il 13 giugno, interpreta papa Gregorio IX.
E’ il quarto papa che faccio e una volta ho dato anche la voce a Dio, e per un ateo è una bella soddisfazione.
Riguardo la lavorazione del film non ha molto da dire.
La mia è una parte davvero piccola. Ricordo però un episodio curioso. La scena che ho fatto è stata girata nella cripta di una chiesa romana dove la salma di Pio IX è conservata in una teca di cristallo per essere visibile ai visitatori. Ebbene, in una pausa della lavorazione i tecnici della troupe hanno adibito la teca a tavolo per la colazione, vi si sono anche seduti sopra scherzando con le sarte. Il tutto senza nessuna intenzione dissacratoria, ma la visione di quella situazione paradossale mi ha impressionato.
Un novantenne davvero sui generis e ancora attivissimo.
Il cinema lo frequento poco, sia come spettatore che come attore, ma lavoro ancora in teatro, la mia passione primaria. Il 4, 5 e 6 agosto debuttiamo con ‘Sul lago dorato’ di Ernest Thompson a Borgio Verezzi, con Erica Blanc e per la regia di Maurizio Panici.
La nostra chiacchierata è interrotta da due turisti anziani a passeggio per la spiaggia dell’albergo che chiedono a Foà il permesso per ‘fare una fota al panoramo'. Foà è divertito dalla cosa.
Non siamo mica i proprietari dell’albergo. E nemmeno i bagnini.
Il maestro guarda l’anziana coppia con tenerezza e comincia a navigare tra i ricordi ischitani.
Più di quarant’anni qui fa incontrai la mia prima moglie, con la quale ho avuto due figli. Io ero in barca e approdai una notte ad Ischia per un guasto al motore. La conobbi in un night dove suonava un cantante napoletano molto in voga all’epoca. Ballammo tutta la notte e il giorno dopo lasciò l’isola con me.
Se al cinema è già da tempo un clandestino, sulla televisione (che ho fatto nascere) è molto critico.
Lo dicono tutti e lo dico anch’io. La televisione una volta aveva il compito di portare la cultura nelle case, a quelle persone che per mancanza di mezzi, per pigrizia o per impegni non potevano andare a teatro o a cinema o leggere dei libri. Oggi la televisione è al servizio dell’audience e della pubblicità inseguendo i gusti del popolo e questo è sbagliato, anche se molto più facile.
Passi per le televisioni commerciali, ma la Rai, come Servizio dello Stato, dovrebbe distinguersi e non ricercare sponsor e pubblicità. Paghiamo le tasse per l’istruzione e le Università così come per la televisione, no?

E l’Italia che sicuramente è cambiata in questi anni gli piace ancora?
Non sono mai stato un comunista, ma quando anni fa ho rivisto i fascisti al governo ho detto “oddio” e me ne sono andato a vivere per un po’ alle Seychelles. Oggi la situazione sembra un po’ cambiata e vivo a Roma. Speriamo bene. Ma, politica a parte, l’Italia è un paese bellissimo. Guarda un po’ qua.
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13 giugno 2006

Ischia Film Festival: il cinema in paradiso

Quando a Ischia c'è l'Ischia Film Festival l'isola si trasforma in un enorme museo del cinema. Senza nulla togliere alla stupenda istituzione del museo di Torino, ma i posti in cui vengono effettuate le proiezioni e le conferenze stampa credo non abbiano eguali in tutto il mondo.
L'anno scorso all'inaugurazione del festival c'è stata la proiezione del primo film a Torre Guevara, un'antica torre che si affaccia sul mare di fronte il Castello Aragonese. Nello stesso castello c'erano le proiezioni dei corti in contemporanea in più "sale" sempre all'aperto, mentre nel Piazzale Aragonese ad Ischia Ponte altre proiezioni di documentari e stand vari erano apperti a tutti. Purtroppo non riuscii a seguire le lezioni di cinema di Carlo Lizzani, Furio Scarpelli e Osvaldo Desideri a La Colombaia - la storica residenza di Visconti -, ma con la massima naturalezza feci due chiacchiere con Vittorio Storaro. Le tappe del classico struscio estivo, quindi, erano all'insegna del cinema, e in alternativa granita o al gelato (o in concomitanza) si poteva scegliere di vedere un film all'aperto.

Quest'anno l'incantesimo dell'IFF si rinnova dal 13 al 24 giugno e ad aprire la rassegna sarà la proiezione speciale di Antonio, guerriero di Dio di Antonello Belluco, mentre fra le sezioni collaterali, in primo piano ci saranno “Scenari” con le opere più interessanti fuori concorso (Il mistero di Lovecraft di Federico Greco e Roberto Leggio) e “Focus sul cinema tedesco”, con quattro film che hanno raccontato e valorizzato la Germania del presente: Goodbye Lenin di Wolfgang Becker, Lola Corre di Mark Tykwer, Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders e l’inedito Kebab Konnection di Anna Saul.
Fra le 26 pellicole nelle quattro sezioni competitive riservate a Lungometraggi italiani, stranieri, documentari e corti, ci saranno Fuoco su di me di Lamberto Lambertini, Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio, Il cane giallo della Mongolia di Byambasuren Dava (Germania), l’olandese Zielen Van Naples di Vincent Monnikendam e il corto Upaya debutto alla regia di Romina Power.

Il premio Foreign Award 2006, riservato a lungometraggi stranieri in post produzione girati in Italia, sarà assegnato al 21.esimo film di James Bond, 007 Casinò Royale di Martin Campbell di cui una parte è stata girata sul lago di Como.
Io faro' di tutto per esserci.
Tra l'altro nel mese di giugno Ischia è già di per se un paradiso.

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12 giugno 2006

NFF: I vincitori

Ecco i vincitori dell'VIII edizione del Napoli Film Festival conclusosi ieri sera:

Il regista Igor SterkCONCORSO EUROPA, MEDITERRANEO
Tuning (Slo 2005) di Igor Sterk

Premio Fondazione Mediterraneo
RYNA (Rom. 2005), di Ruxandra Zenidre

Premio Music Feel
Semen, una historia de amor (Spa-Gb 2005) di Daniela Fejerman e Inés Paris

Premio Warner Village Cinemas
Nadja Uhl nel film Sommer vorn Balkon (Ger 2006)


Nadja Uhl sulla locandina di 'Sommer vorn Balkon'CONCORSO MAKING OF
Il toscano Napoleone (Ita 2006), di Alessandra Roveda
(backstage di N, ucciderò il tiranno di Paolo Virzì)
Menzione speciale a Dietro... Trevirgolaottantasette (Ita 2005) di Simone Sabatucci e Francesco Palladino (backstage di Trevirgolaottantasette di Valerio Mastandrea)

SCHERMO NAPOLI
Corti
Howard Pennington e il segreto delle persone felici (Ita 2005) di Ciro De Caro
Menzione speciale a 17 anni, quasi 18 (Ita 2005) di Sebastiano Mazzillo

Corti - Premio Franco Santaniello
La tazza (Ita 2005) di Marcello Cotugno

Documentari
Dreaming by numbers (Ita-Ned 2005) di Anna Bucchetti
Battiti (Ita 2005) di Maria Totaro

Documentari - Premio Ateneapoli
Dreaming by numbers (Ita-Ned 2005) di Anna Bucchetti
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07 giugno 2006

Ugo Gregoretti e i (sa)lumi del cinema italiano

Napoli Film Festival 6/6/2006: Dopo la proiezione del suo Le belle famiglie (Ita 1964), il regista romano Ugo Gregoretti ha espresso il suo rammarico per la sorte non felicissima del film, accolto con furibonda ostilità dai critici di allora, e rimasto nei suoi ricordi come una ferita ancora aperta. La mia provenienza televisiva era un marchio di illegittimità, non mi veniva perdonata, ricorda Gregoretti. Per questo dopo Le belle famiglie ha deciso di abbandonare il cinema e ritornare a lavorare per la tv, accettando "l’invito" dei suoi detrattori. Mi definisco uno sfigato permanente, ma mi salva un invincibile buonumore e la tendenza all’ottimismo.

Gregoretti ammette infatti che la televisione gli ha consentito una maggiore libertà espressiva: Il cinema obbligava a compromessi mortificanti, il padrone era il mercato, in tv ero invece libero di usare gli attori che volevo, purché costassero poco, e non mostrassi tette e posteriori scoperti.

Alla domanda su quale sia a suo avviso il principale problema del cinema italiano, Gregoretti punta l’indice contro lo Stato: I principali nemici del nostro cinema sono quelli che ci governano, i quali vorrebbero si facessero solo i film di Natale, sostenendo che il film è merce. Le sovvenzioni, le tutele sono tutte per questo tipo di cinema, negandone il valore di prodotto culturale, commerciandolo come fossero bottoni o salumi. Per Gregoretti il cinema italiano Deve riconquistare quel peso, quell’importanza e quella capacità di attrazione che aveva negli anni Sessanta. Oggi il nostro cinema è l’ombra di se stesso.

Ma forse è anche “colpa” della libertà di cui si gode oggi: La censura ci aveva fatto diventare dei combattenti, oggi non c’è più quello slancio, non succede più come avvenne a De Sica di essere scoperto a "barattare parole" con un produttore, a suon di “d’accordo, io ci levo stronza, ma lascio puttana".

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05 giugno 2006

Il disco volante

di Ferdinando Carcavallo

Forse non tutti sanno che Tinto Brass, prima della corrente callipigia che lo ha reso celebre in tutto il mondo, è stato un regista apprezzato per la sua originalità e per il suo impegno anarchico fuori dal coro. Nel 1964 Brass diresse Il disco Volante, film prodotto da Dino De Laurentiis il quale, dopo aver sottoposto la sceneggiatura di Rodolfo Sonego a maestri come Antonioni e Monicelli, volle mettere alla prova il giovane regista veneto per la prima volta alle prese con una produzione non indipendente.
Il film racconta, con un taglio prima documentaristico poi da commedia televisiva, l'arrivo di un gruppo di alieni in un paesino del profondo veneto: un'indagine dei carabinieri metterà alla luce una follia latente diffusa in tutta la popolazione del paesino che poco ha a che fare con gli alieni. Protagonista del film è Alberto Sordi, impegnato a dare voce e corpo a quattro personaggi che presto rientreranno nel suo repertorio: il prete 'mbriaco, il carabiniere un po' tonto, il conte gay e il piccolo borghese meschino.
Nel film compaiono in splendida forma anche Silvana Mangano e Monica Vitti, per la prima volta in un ruolo brillante e alla quale Brass fa pronunciare una frase che spesso ricorrerà nella cinematografia futura del regista: "Dime porca che me piasi de più".
Il film è una grottesca satira sull'arretratezza di un'Italia provinciale dedita all'alcolismo e sulla sua assenza di moralità in tutte le classi sociali dalla nobiltà decadente alla borghesia ipocrita e perbenista.

Qualcuno ha visto in questa commedia il primo film di fantascenza italiano, anche se il tema "alieni" è trattato come pretesto per parlare d'altro.
Non mancano gli effetti speciali sonori e visivi nelle scene in cui compare l'astronave, ma il costume della marziana con i seni di vetro e la giarrettiera fanno pensare che Il disco volante stia allo sci-fi come il The Rocky Horror Picture Show sta all'horror.
Un film cult a tutti gli effetti, quindi, non molto celebrato nonostante il suo valore di originalità e forza comica. Sordi diverte in quasi tutte le scene e davvero spassosi sono le interviste del giornalista Mazzarella ai presunti testimoni dell'atterraggio.

(In)Naturalmente del film non esiste una edizione in DVD, a meno che non sia stato pubblicato in qualche collection su Sordi, ma non mi pare.
Attendo fiducioso smentite.

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Lady in the water

Il teaser-trailer di Lady in the Water utilizzava la colonna sonora composta da Louis Bacalov (o Sergio Endrigo?) per Il Postino, il film postumo del caro Massimo Troisi, e per questo mi aveva commosso. Nel vedere oggi il trailer quella commozione è ovviamente sparita, ma resta il fascino di un film non ben classificabile in un genere se non andando a guardare le produzioni di Shyamalan. La storia è quella di un custode di un condominio che scopre che all'interno della piscina del complesso in cui lavora vive una ninfa. Un tema tipico del primo Ron Howard (Splash, Cocoon) ma perfetta continuità del cammino intrapreso dal regista indiano che già con The Village ha mostrato la sua predilezione per il genere fantasy come componente essenziale del mistery puro dei primi film (Il sesto senso, Unbreakable). Se la ragazzina cieca di The Village era un moderno (?) Cappuccetto Rosso, qui la ninfa Bryce Dallas Howard (figlia di Ron, guarda caso) ricorda più Ariel la sirenetta di Andersen che una delle raffigurazioni della Dafne della mitologia greca.

Mi fido molto di Shyamalan che ritengo uno dei pochi artigiani del cinema rimasti ad Hollywood e dal quale ci si può aspettare belle sorprese.

Il film uscirà in Italia a fine settembre, quando le piscine saranno quasi tutte svuotate.

Probabilmente i nostri distributori, preoccupati per l'adozione italiana del termine "water", penseranno ad un titolo in lingua, anche se La ragazza nell'acqua fa pensare a un'annegata.



www.ladyinthewater.com

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04 giugno 2006

Inside man

di Ferdinando Carcavallo

Ah, per fortuna un bel film! Era tempo che avevo voglia di scrivere una frase del genere. Devo ammetere che le aspettative non erano altissime. Pur amando Spike Lee, la trama del film mi sembrava un po' troppo nel clichè "rapina alla banca con ostaggi", e invece il piccolo genio di Atlanta è riuscito a are un bel filmetto, un trillerino originale e mai noioso, forse un po' troppo Politically correct - stiamo parlando del regista di Summer Of Sam!
Il plot c'è e funziona, la sceneggiatura è carina con i suoi altalenarsi tra presente e futuro che ci fanno intuire l'epilogo pur senza levarci il piacere del finale a effetto.
Denzel Washington è perfetto come sa esserlo solo con Spike Lee, la manifica stronza Jodie Foster è impeccabile mentre Clive Owen è al meglio delle sue prestazioni, grazie anche al fatto che per l'80% delle sue apparizioni è coperto da un passamontagna molto più espressivo di lui.
Sottoutilizzato ma molto misurato William Dafoe e indicatissime le musiche.
Che bello quando si vede un buon film. Consigliatissimo!


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Derailed

di Ferdinando Carcavallo

Film come questi mi mettono in crisi. Quando a nemmeno metà film intuisco il finale di un thriller mi chiedo se non ho sbagliato mestiere. Ma forse lo hanno sbagliato altri.

Tralasciando per rispetto dei futuri spettatori del film la trama scontata e i tantissimi riferimenti cinematografici, vorrei soffermarmi sull'espressività dell'attore protagonista Clive Owen. Indubbliamente Clive è tra quegli attori che, almeno a inizio carriera, sfrutta il suo aspetto fisico per avere consensi e questo è del tutto comprensibile - personalmente non lo ritengo molto bello, ma sono un maschio e i miei parametri estetici per la bellezza maschile sono limitati -. Penso a Marlon Brando, uno per tutti, che era bellissimo e divento' presto un grandissimo attore. Ma all'età di Clive Owen (43) il giovane Marlon era già stato Zapata, Marco Antonio, Napoleone e Kowalski (Un tram che si chiama desiderio), e sicuramente non solo perchè era un bel giovinotto. La faccia di Clive Owen che compare sulla locandina è una maschera che l'attore indossa dall'inizio alla fine del film, ossia prima del "fatto", durante e dopo il colpo di scena. Non cambia mai. La cosa ridicola è che la stessa espressione l'aveva l'amante focoso di Closer e il poliziotto tormentato di Sin City.

Quasi lo stesso discorso si può fare per l'amica Jennifer Aniston, ma nel suo caso possiamo almeno avanzare l'attenuante che si tratta fondamentalmente di un'attrice brillante prestata al thriller per chi sa quali sordidi motivi.

Terzo uomo (che Welles mi perdoni) è Vincent Cassel. Cosa poter dire di un uomo che la sera va a dormire con Monica Bellucci e se la ritrova la mattina affianco? Qualunque cosa potrebbe sembrare dettata dall'invidia. Noto soltanto che quando questo francesone viene prestato al cinema hollywoodiano fa sempre la stessa parte. Se avete visto Birthday girl noterete quanto il personaggio sia simile, e non solo lui...un po' tutto il film.

Conclusione, il film è piacevole se non si intuisce il finale in anticipo, anche se ...(clicka per lo spoiler)



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02 giugno 2006

Il codice Da Vinci

di Ferdinando Carcavallo

Sono sempre stato un sostenitore dell'inopportunità del confronto tra cinema e opere letterarie ispiratrici. Ma nel caso de Il codice Da Vinci, la simbiosi tra film e libro è così volutamente lampante che è impossibile prescinderne.

Il film di Ron Howard (c'era davvero sempre lui sul set?) rientra in quell'enorme quantità di prodotti che sono entrati in commercio dopo il successo del libro per cavalcarne il successo. Il film rientra nel piano di marketing del best seller di Dan Brown allo stesso modo dei documentari sui misteri dei templari, dei libri che sfatano le teorie eretiche, le versioni a fumetti, le parodie e i convegni pro e contro.

Sembra che il regista di Cocoon e A beautiful mind non si sia affatto preoccupato di dare al film ritmo e mordente per tenere lo spettatore interessato, in quanto ben conscio del fatto che l' 80% del pubblico pagante sa già benissimo di cosa si tratta e, soprattutto, come vada a finire tutta la storia.

I flashback storici nei numerosi siparietti didattici che ricostruiscono la leggenda del Santo Graal ricordano le ricostruzioni di National geografic e Discovery Channel, e non ci sorprenderebbe affatto se tra i commensali intravedessimo un commentatore in t-shirt e jeans.

Gli attori sono quasi tutti nella mediocrità delle loro prestazioni, a cominciare da Alfred Molina che era molto più inquietante come Doctor Octopus mentre qui sembra il pittore bonaccione Diego Rivera di Frida. Tom Hanks è al suo minimo impegno nell'interpretare un personaggio senza nessuna caratteristica particolare, se non una claustrofobia completamente pleonastica. Impossibile da giudicare gli attori francesi Tatou e Reno per via di un doppiaggio italiano ridicolo.

In definitiva, Il codice Da Vinci mi ha dato l'impressione di essere un instant movie e nemmeno tanto di lusso.

Una delusione come film di Ron Howard dopo Cinderella Man, una conferma come adattamento di un romanzo del quale si è voluto e dovuto dire troppo.

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