29 marzo 2006

Il caimano

di Ferdi Carcavallo

Compagnuccio Simon sostiene che i film di Nanni Moretti vanno metabolizzati. Nell'attesa che il mio organismo si adatti alla recente assunzione, esterno queste preliminari considerazioni.

Non ho visto in questo Il Caimano quel "cinema d'impegno civile" tanto annunciato. La storia di berlusconi è così nota che il fatto stesso di parlare di lui oggi significa fare denuncia, a prescindere se lo faccia Moretti, la Dandini o Fiorello. Ma da Moretti mi sarei aspettato qualcosa di diverso, magari una ricostruzione romanzata dell'ascesa del cavaliere, oppure un ritratto dell'Italia berlusconiana più da vicino. E invece mi ha sorpreso il fatto che abbia fatto un film che in sostanza racconta un sogno. Il film di moretti può essere benissimo visto come un film sul cinema e sulla famiglia. La scena in cui Silvio Orlando racconta ai figli favole truculente ispirate ai b-movies che un tempo girava con la loro mamma credo sia il vero fulcro di questo film.
Berlusconi rimane sempre sullo sfondo come personaggio quasi irreale e alla fine esce un po' troppo mitizzato, come i protagonisti di Mocassini assassini e Cataratte, "antipatici e affascinanti".
Sotto questo aspetto, credo che ancora oggi Il portaborse di Lucchetti (impossibile non ricordarlo guardando le ultime scene del Caimano) sia il più efficace film di impegno civile degli ultimi anni.


Prescindendo dalla questione politica, pero', il film mi è fondamentalmente piaciuto. Come appassionato di cinema non posso non aver apprezzato l'ambientazione e le citazioni affettuose sia al cinema di genere degli anni '70 ("eravamo tutti fascisti") che a quello aulico e impegnato ("il grande Gian Maria (Volontè)"). Gustose anche le partecipazioni (amichevoli?) di Sanguineti, Grimaldi e Montaldo che molti vedranno come una sottoscrizione ad una causa politica, mentre probabilmente, come tutto il film, si è trattato soltando di un incontro tra amici-colleghi per far qualcosa di fondamentalmente divertente.


"E' sempre il momento di fare una commedia".



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25 marzo 2006

Filoni cinematografici

Ricorderete, o miei affezionati lettori, che alcuni giorni fa diedi la notizia dell’inaugurazione di un cineclub digitale a Napoli. Oggi, passando proprio per lì, ho dato un’occhiata alle iniziative in programma. Tra i vari cineforum, retrospettive e pranzi e cene con proiezioni, la mia attenzione è caduta su un’iniziativa che mi ha dato da pensare, ossia la proiezione di film con ingresso gratuito alle 10:00 del mattino.
Si, alle 10 del mattino.
Ora, dal momento che nella stessa zona del cineclub ci sono diversi licei (tra i quali il Liceo Classico da me frequentato fino a pochi anni fa) il mio primo pensiero è andato ai giovani filonari (fare filone = marinare). Infatti, un orrendo supermercato a pochi metri dal cineclub ha da pochi mesi rimpiazzato una storica sala giochi dove io e i miei giovani compagni di scuola eravamo soliti passare le mattinate a fare di tutto, tranne che giocare. Se anche allora fosse stato possibile accedere gratuitamente alle matineè cinematografiche oggi la mia cultura (non solo cinematografica) ne avrebbe giovato, anche se le mie presenze scolastiche sarebbero state ancora inferiori.
Quindi, giovani Vomeresi, spendete bene il vostro tempo e soddisfate la vostra cinefagia in maniera sana.
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22 marzo 2006

Non solo Canne(s)

di Ferdi Carcavallo

Con la primavera comincia il tempo di festival cinematografici, soprattutto di quei festival non ancora contaminati dalle grandi major della distribuzione, e quindi dove è ancora possibile vedere del vero cinema e magari assistere alle opere prime di nuovi talenti.Credo fare cosa gradita nel darvi alcune date.

A brevissimo ad Alba (provincia di Torino) avrà luogo l'Alba International FIlm Festival (31 marzo-8 aprile), meglio noto come Infinity Festival. Si tratta di un festival che predilige quel cinema innovativo che pone l'attenzione su temi legati alla "ricerca esistenziale dell'uomo contemporaneo". Quest'anno ci sono tantissimi film in concorso, tra corti e lungometraggi, provenienti da tutto il mondo. Da segnalare anche la restrospettiva di Jerry Schatzberg, regista della Nuova Hollywood non molto fortunato e conosciuto nel nostro paese, e proprio per questo degno di attenzione.
A giugno, invece, l'attenzione si sposterà tutta nella Campania, dove a distanza di poco tempo e chilometri ci saranno ben due festival. Il primo è il Napoli Film Festival (4-11 giugno) giunto alla sua VIII edizione e che, nato un po' in sordina e non molto pubblicizzato, oggi è diventato un importante appuntamento e una prestigiosa vetrina per i cineasti (sempre meno gli emergenti).
L'altro festival campano è la quarta edizione dell'Ischia FIlm Festival (13-24 giugno) rassegna che pone l'attenzione sulle location cinematografiche, essendo anche un evento che sponsorizza il cineturismo. L'anno scorso la manifestazione è stata l'occasione per vedere film bellissimi, tra i quali Samir e La storia del cammello che piange, e di assistere alle lezioni di gente come cinema di e Carlo Lizzani e Osvaldo Desideri (oltre che incontrare premi Oscar come Vittorio Storaro e Ken Adam). Per l'edizione di quest'anno, così come anche per il NFF, non sono ancora noti programmi e ospiti. Staremo a vedere.
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15 marzo 2006

2.250 gr.

E’ questo il peso dell’amore.
Benvenuta, figlia mia.
Grazie, piccola.
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12 marzo 2006

Texas

di Ferdi Carcavallo

Checchè se ne dica, Texas è un grande film. Leggo in giro sul Web che Fausto Paravidino, regista e attore del film, malgrado la giovane età è già un noto interprete teatrale e che quindi dal suo debutto cinematografico molti si aspettavano di più. Ma di più, cosa? E’ riuscito a metter su un film commovente, moderno, poetico con una sceneggiatura che magari strizza un po’ troppo l’occhio al nuovo cinema americano nella sua coralità e il racconto non lineare (come l’ultimo oscar Crash), ma questo non è sicuramente un difetto. Del resto il fatto stesso di chiamare Texas la provincia rurale Piemontese è una dichiarazione di voler trovare una linea di continuità transoceanica tra due culture.
Ma non si può parlare di questo film senza parlare di Valeria Golino. A quarant’anni questa attrice ha ritrovato la freschezza recitativa (e fisica, direi) che non aveva all’inizio della sua fulminea carriera, che nel giro di poco negli anni ’80 passò da Peter del Monte a Dustin Hoffman e Tom Cruise. Il volto di Valeria Golino, con i suoi occhi azzurri che il tempo e la vita hanno reso più intensi e vivi, è la vera espressione del cinema italiano. Un cinema italiano fatto di idee e ispirazioni, di volontà di raccontare la realtà e sognare il futuro. Un cinema che ricorda quello dei grandi Rossellini, De Sica e Visconti. Forse sto esagerando, ma film come questi, o Respiro di Crialese e Le conseguenze dell’amore di Sorrentino mi fanno ricordare che esiste un cinema italiano che vale la pena di sostenere.



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10 marzo 2006

Il digitale a Napoli

di Ferdi Carcavallo
Bene. Anche a Napoli è arrivata la proiezione digitale.
Il nuovo formato DVCAM è diventato quasi una sorta di Nouvelle Vague per i giovani cineasti che riescono a realizzare i propri progetti con il minimo sforzo economico e una buona qualità. Il problema, finora, è stato che le sale attrezzate per la proiezione digitale (senza passaggio su pellicola) sono poche e in mano ai grandi distributori (multiplex) per cui se è diventato più semplice portare a termine un film è rimasto complicato farlo vedere in giro, a meno di non scegliere la via del DVD che è qualcosa di diverso dal cinema.
Farà piacere, quindi, non solo ai Napoletani sapere che a breve a Napoli sarà disponibile un nuovo spazio dove poter proiettare le opere in digitale. Il "posto" si chiama Bianco & Nero e si trova a P.zza Fuga, nel centro del Vomero (afffianco la funicolare centrale) dove sorgevano un tempo i locali di Bulldogstore, l'ultima catena di videonoleggio cittadina sopravvissuta alla colonizzazione Blockbuster. A gestire il Bianco & Nero è Nino Marfè, un personaggio da tempo addentro all'attività filmica partenopea con all'attivo alcuni lungometraggi ancora nel circuito delle TV private e realizzatore di un film sul giallo di Via Poma che per grane legali stenta all'uscita.
L'inaugurazione del Bianco & Nero ci sarà la sera del 10 marzo alle 19:00. Gli inviti per la serata sono disponibili al BulldogStore di P.zza Fuga e per info si può utilizzare l'email
info@bulldogstorenapoli.com.

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08 marzo 2006

'E passante

di Antoine Paul e Georges Brassens da Parigi, Fabrizio de Andrè da Genova, Jack Fertile & Ferdi da Napoli

Dedico chesta canzone
a ogni femmena pensata comm' ammore
int' a nu mumento 'e libertà
A chella canusciuta appena
non ce steva tiempo, ma ne valeva a pena
e ce perdere 'nu seculo 'e cchiù

A chella tutta da sunna'
Tanto veloce l’haie vista 'e passà
Da 'o balcone a nu secreto chiu là
E te piace arricurdarne ‘o surriso
Ca nun t’ha fatto ma che tu haie deciso
Into a nu vuoto 'e felicità

A chella cumpagna d’o viaggio
L’uocchie suoie, ‘o cchiu bello paesaggio
ca te pare cchiù curt ‘o cammino
E magari si l’unico che 'a capisce
E 'a faje scennere senza 'nce ie appriesso
Senza manco ce tucca' 'na mano

A chelle che songhe già spusate
E che vivono ore deluse
Cu n‘omm oramai troppo cagnato
T'hann' lassato int'a 'n'inutile pazzia
Vere' o’ funno 'e l'appucundria
'e n’avvenire disperato

Memorie care, pe' 'nu mumento
Sarrite ambress 'na folla luntana
Scavalcate 'a nu ricordo cchiù vicino
Pe’ quanto ‘a felicità torna arrete.
È difficile che t'arricuorde
Tutt' 'e mument d'o cammino

Ma si 'a vita fernesce 'e t’aiuta'
E' cchiù difficile 'e te scurdà
Chelli felicità addurate
Chilli vase ca nunn'e date
L’occasione lassate a t'aspetta'
E ll’uocchie mai cchiù arriviste

Allora int''e mument 'e solitudine
Quann' o' rimpianto addeventa n'abitudine
'na manera 'e campa' 'nzieme
se chiagne ’a vocca assente
'E tutte 'e belli passante
Ca nun simm' state capace d''e ferma'


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03 marzo 2006

Canta Napoli

(lettera di Peppe Lanzetta)
Gentile Signor Rapetti, meglio noto come Mogol,
ho letto la sua intervista apparsa domenica 22 gennaio su Repubblica e per tutta la giornata ho pensato alle sue frasi. Ora che la notte scende fredda sui caseggiati e sulle anime, sui sorrisi stracciati (strappati, per lei che non è napoletano) sulle paste della domenica sportiva, sugli amori di ballatoio, ho deciso di scrivere queste righe. Personalmente non ho nulla contro il cantante e la persona Gigi D'Alessio. Ma la sua affermazione «è il miglior cantautore partenopeo» la ritengo fuori luogo. Lei ha scritto capolavori come "Amore caro amore bello", "Emozioni", "Pensieri e parole" e mi fermo qui perché la lista sarebbe enorme. Lei ha avuto il piacere di collaborare con quel genio chiamato Lucio Battisti, per carità di Dio, usi le parole per quello che sono, altrimenti il rischio è quello di un effetto boomerang devastante. Lei conosce la musica, sa di melodie, armonie, lei intuisce prima di ascoltare, tutti le dobbiamo qualcosa e proprio per questo da lei ci aspettiamo sempre qualcosa di più. Lei sa che Napoli è una piazza caldissima, specialmente in questo periodo e le sue parole hanno un peso enorme e quindi personalmente la inviterei a riflettere. Sorvolo sulla questione Scampia, credo che la vicenda si spieghi da sola, sia figlia di una mossa strumental/preelettoral (scusi la licenza). Ma mi dica dove mettiamo, se D'Alessio è il miglior cantautore, gente come De Crescenzo, Gragnaniello, Avitabile, senza scomodare il lontano Pino Daniele? Vorrei che lei ascoltasse attentamente la canzone "Alberi" di Enzo Gragnaniello. Vorrei che lei mi dicesse o mi spiegasse perché uno sciamano di tale portata, un figlio della pietra di tufo dei Quartieri Spagnoli debba fare panchina in una squadra in cui lei ha eletto un capitano, anche simpatico, che in realtà con l'anima vera e nera della nostra città non ha fili di comunicazione. Non è questione di gusto, è questione di storia. Riascolti per cortesia la voce di Eduardo De Crescenzo. La inviterei ad ascoltare qualche canzone di Nino Bonocore, defilato seppur straordinario cesellatore di perle, la inviterei ad ascoltare l'ultimo cd di Avitabile, qualche squarcio dolente della rabbia di James Senese, e poi "Ciucculatina d'a ferrovia" di D'Angelo, il giovane cantautore (quello sì!) chiamato Joe Barbieri. Potrei continuare ma mi fermo. Napoli ha una grande storia, un grande passato, ci sono dei fermenti molto interessanti, perché quindi ridurre il tutto a una storia di "parrocchie"? Non la possiamo liquidare semplicemente usando aggettivi a sproposito. Cosa vuol dire «il migliore»? Cosa vuol dire «il peggiore»? Rispetto a quale sensibilità? Rispetto a quale gusto, quale profondità? Io non credo ci sia il migliore o il peggiore, su tutto credo ci sia il rispetto che noi dobbiamo all'arte in generale, alla musica nello specifico. D'Alessio fa delle canzoni che piacciono, è di successo, va in televisione, viene trasmesso da quelle radio che anni fa lo boicottavano e viene presentato in programmi da conduttori che prima lo deridevano (questa è storia). E' di Napoli ma credo che non c'entri con quello che è il "groove" della scuola napoletana (De Sio, Daniele, Esposito, De Piscopo, De Crescenzo, Avitabile, Buonocore, Senese, Gragnaniello, e così via). A Sanremo andrà una parte di Napoli che piace a una parte d'Italia che vuole che una parte di Napoli sia e resti così.

Peppe Lanzetta (da Repubblica Napoli)

grazie a mappamondo.blogs.it

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02 marzo 2006

Lord of war

di Ferdi Carcavallo
Ho il brutto vizio di considerare i registi cinematografici degli artisti e quindi cerco sempre una linea di continuità (o di rottura, dipende) tra le loro opere. Volendo trovare a tutti i costi un trait d'union tra i film diretti da Andrew Niccol, Gattaca, S1mOne e Lord of War, sicuramente il pessimismo e la sfiducia (paura) nell'evoluzione umana sono i temi portanti. I protagonisti delle storie usano tutto il loro genio per nascondere la verità e migliorare la propria immagine pubblica nascondendo le naturali debolezze. Certo, il protagonista di Lord of War non deve solo fare i conti con la miopia o la tachicardia come il Vincent di Gattaca, ma bensì con una coscenza avidia e cinica - si spera - non comune.
Nel complesso Lord of War è un film esteticamente ben riuscito ma non solo. Anche io, come altri, sono rimasto affascinato dalla sequenza dei titoli di testa (il ciclo di vita di una pallottola) e dalla la scena dell'atterraggio dell'aereo nel deserto africano, ma credo che la valenza del film sia da ricercare nel coraggio di non scegliere metafore per denunciare fatti spiacevoli, come nel discorso finale del trafficante di armi che laconicamente afferma di fare lo stesso mestiere del presidente degli Stati Uniti.
Mi piace pensare che non sia stato estraneo all'ispirazione di Niccol la visione del film italiano del 1974 Finchè c'è guerra c'è speranza in cui un grande Alberto Sordi, nei panni di un rappresentante di armi, ripercorreva lo stesso percosrso sociale e psicologico del personaggio interpretato da Nicholas Cage.
A proposito di Cage, non è certo tra i miei attori preferiti, ma gli riconosco un'intelligenza invidiabile nel saper scegliere i film da fare. Quest'ultimo di Niccol è sicuramente il suo Good Fellas. Aspettiamo di vederlo bruciare in Ghost Rider.



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01 marzo 2006

CQ

di Ferdi Carcavallo

CQ (si legge come seek you) è un film molto gradevole di Roman Coppola (figlio di Francis) del 2001. Realizzato con estrema cura estetica e un cast internazionale (Jeremy Davies, Giannini, Depardieu, Massimo Ghini, Silvio Muccino e Billy Zane) il film racconta la realizzazione tormentata di uno sci-fi movie nell'anno 1969 intitolato "Code Name: Dragonfly". Licenziato l'idealista regista francese (Depardieu) da parte dell'avido produttore italo-americano (Giannini) il film approda nelle mani del giovane cineasta Paul (Davies), meomentaneamente montatore, che si innamora della protagonista (Angela Lindvall). Paul, che adora il cinema d'autore, riuscirà a non sputtanare l'idea originale del primo regista pur venendo incontro alle aspettative commerciali del produttore. Al di la di questo semplice plot, quello che rende CQ un cult, secondo me, sono le citazioni con le quali Coppolino ha voluto omaggiare il cinema italiano del periodo psichedelico, come Bava, il cui Diabolik ricorre nella quasi totalità delle scene di Dragonfly, e il Petri di La decima vittima, anche se non mancano gli ammiccamenti sexy tipici del mitico Barbarella di Roger Vadim. Il film va visto in lingua originale - non so se sia stato mai tradotto - anche perchè fa un certo effetto sentire Ghini, Giannini e l'adolescente Muccino recitare in inglese. Parte del fil è girato a Roma, ed è stato inevitabile per il regista non dipingerla ancora in piena Dolce Vita nella prima notte degli anni '70. Piccola comparsata di Sofia Coppola nella parte di un'accompagnatrice del produttore Giannini. Da vedere e collezionare. Esistono il DVD francese e quello USA.



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