di Ferdi Carcavallo
Il regista culto Stuart Gordon, autore di classici dell'horror anni '80 come Re-animator e Dolls, torna a mettere in scena un racconto di H.P. Lovecraft quattro anni dopo Dagon per il secondo episodio di Masters of Horror. Il titolo del minifilm della serie è Dreams in the Witch House e mentre è quasi inavvertibile la penna dello scrittore americano, in molte sequenze la macchina da presa di Gordon è molto riconoscibile.
La trama? Un giovane studente trova una sistemazione in una casa in cui è ben presto perseguitato da una strega ed un ratto dal volto umano che comparendogli in sogno lo spingono a sottoscrivere diabolici patti. E' il terzo episodio che vedo della serie MOH (dopo Jenifer di Dario Argento e Homecoming di Joe Dante) e devo ancora una volta confermare che si tratta davvero di un progetto di qualità. Se da un lato l'episodio di Gordon risulta nella sostanza più banale (o forse potremmo dire classico) di quello di Dante, sicuramente è meno disturbante (termine caro al mitico Ignelzi) di quello del "giovine e promettente" regista italiano.
Quello che magiormente si apprezza in Dreams in the Witch House è la capacità di Gordon di creare la giusta atmosfera in bilico tra realtà e sogno, che è poi il vero incubo del protagonista della storia ma che alla fine inquieta anche lo spettatore. Evito di parlare del finale non perchè ci sia un colpo di scena particolare, ma perchè è così abilmente costruito in modo da rendere sottile la soglia tra razionalità e suggestione che rischierei di minare all'obbiettivo stesso del racconto.
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