di Ferdinando Carcavallo e Flavio Ignelzi
Carlo Lucarelli, oltre ad essere Re Media della cultura italiana contemporanea è anche persona estremamente disponibile e disposta al dialogo. Grazie a quest’ultima qualità KinemaZOne, nelle sembianze umane (insomma…) di Ferdinando Carcavallo e Flavio Ignelzi, è riuscito ad avere un intervista con lo scrittore bolognese in cui si è parlato un po’ di tutte le sue esperienze - letteratura (principale attività), fumetto, passando per il cinema, radio, internet e televisione - più alcune interessanti riflessioni sulla censura televisiva e cinematografica di oggi.
:::LA TELEVISIONE:::
KinemaZOne: Carlo, la Rodeo Drive sta realizzando dei minifilm tratti dai racconti della raccolta Crimini. Il tuo racconto Il terzo sparo non verrà adattato. Come mai? Problemi di censura?
Carlo Lucarelli: No. Quando è stato concepito il progetto il mio racconto ancora non esisteva. Dal momento che non avrei avuto il tempo di scriverlo in tempo utile hanno acquistato un mio vecchio racconto ("Rapidamente" da "Medical Thriller") , cosa che mi ha reso molto più libero nello scrivere il racconto per "Crimini" perchè avrebbe avuto una collocazione esclusivamente letteraria. Tutto qui.
KZ: Il poliziotto corrotto, quindi, come quello protagonista de Il terzo sparo, è ancora un personaggio che desta preoccupazione, almeno fuori dai libri?
CL: Si, certo. I poliziotti corrotti sono un classico della letteratura noir, sia straniera che italiana, e essere politicamente scorretti è quasi una caratteristica fisiologica del genere. Lo siamo e lo possiamo essere senza problemi… in letteratura. La cosa cambia quando si parla di cinema e televisione in Italia (che a volte è la stessa cosa, soprattutto se i soldi per fare il film vengono dalla tv). Lì il concetto di politicamente scorretto si restringe notevolmente e ha limiti di tolleranza che permettono di andare poco lontano. I tempi di Elio Petri e "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" sembrano passati da un pezzo…
KZ: Una sorta di involuzione della libertà di espressione, quindi. Ma la censura televisiva non dovrebbe tutelare la sensibilità degli spettatori? Quale categoria di spettatori si sarebbe potuta sentire turbata da una storia come Il terzo sparo?
CL: L’Amministrazione della Polizia di Stato, direi, e nessun altro. Gli spettatori sanno benissimo che noi mettiamo in scena una realtà volutamente esasperata, proprio per rendere visibili pericoli e contraddizioni (anche se la storia della banda della Uno Bianca sarebbe già esasperata di per sé) e non si turbano. Semmai colgono l’occasione per riflettere. Un’immagine elegiaca delle istituzioni viene percepita come falsa in un noir e risulta un po’ fastidiosa - e alla fine controproducente - di quella sporca che a volte offriamo noi.
KZ: Ma esiste una differenza tra la censura televisiva e quella cinematografica?
CL: Esiste quando il cinema non prende soldi dalla televisione e non si lascia condizionare dal diritto di antenna che quantifica un eventuale passaggio televisivo. Per esempio, il citato Indagine su un cittadino… con il bravissimo Gian Maria Volontè, se non fosse stato realizzato prima, riusciremmo ad immaginarcelo come una miniserie televisiva su RAI1 alle nove di sera? Non credo, e non solo per la tensione erotica della vicenda. E se come film fosse coprodotto dalla Rai o Mediaset probabilmente il risultato sarebbe lo stesso.
KZ: Capita mai che ti censurino un’uscita televisiva?
CL: No, non mi è mai successo, né per quanto riguarda "BluNotte" né per le cose tratte dai miei romanzi (che devono ancora andare in onda). Abbiamo subìto, io e gli altri sceneggiatori, pressioni che non potremmo definire censura, semmai “prudenza”. La televisione tende a rifare quello che è stato già fatto e a non sperimentare per paura che vada male, per cui quando si imbarca in un progetto un po’ strano prova a normalizzarlo togliendo tutto quello che può sembrare diverso. Noi abbiamo fatto un po’ di resistenza e gran parte delle nostre idee sono passate. Si tratta sempre di un compromesso, ma nel mio caso è stato largamente accettabile*.
KZ: A proposito di progetti televisivi, già da un po’ di tempo sono stati realizzati per la Rai, da te e i Manetti Bros, quattro episodi tratti dalle storie dell’ispettore Coliandro, con Gianpaolo Morelli ed Enrico Silvestrin, ma finora nessuno li ha visti. Erano in programmazione per questo autunno, ma la sovrapposizione con Distretto di polizia 5, in cui compare Morelli, ha causato un’ulteriore slittamento. Qualche commento in proposito?
CL: In effetti è così, e non possiamo farci niente. Vedere Morelli in due fiction contemporaneamente sarebbe strano. Spero che mandino in onda i film abbastanza presto perché sono curioso di vedere le reazioni. A me piacciono molto e se funzionano possono aprire la strada ad un tipo di noir duro e umoristico allo stesso tempo, e anche un po’ (soltanto un po’) politicamente scorretto.
KZ: Cosa hai visto in TV ultimamente e ti è piaciuto?
CL: Ho rivisto serie televisive come "I Soprano" e una che poi è sparita che si chiama "The Shield" (ndr. Italia1, domenica sera ore 21.00) e che era veramente “sporca”. Non so che fine abbia fatto. Per il resto non ho visto molto…
:::IL FUMETTO:::
KZ: Le tue incursioni nel fumetto sono tutt’altro che rare: Coliandro con Catacchio ha goduto di un buon riscontro di vendite, considerando che non era un prodotto per la grande distribuzione. Poi c’è stata l’esperienza con Dylan Dog (n. 153, “La strada verso il nulla”) ed ora il racconto breve “Il delitto di Natale” disegnato da Claudio Villa nell’antologia “Alta criminalità”. Dobbiamo attenderci altro?
CL: Per adesso no, perché sono impegnato in altre cose, ma mi piacerebbe fare altre esperienze. Il fatto è che scrivere per il fumetto è difficilissimo…almeno per me. Richiede una tecnica narrativa molto particolare, che non si può improvvisare così. Però mi piace…da una grande soddisfazione, soprattutto quando si è in sintonia con il disegnatore.
KZ: La recente iniziativa della Edizioni Becco Giallo con “Una bomber” e “I delitti di Alleghe” sembra fatta apposta per i tuoi “Misteri Italiani”. Cosa ne pensi del fumetto italiano di genere (giallo/poliziesco)?
CL: Il fumetto italiano mi piace. Mi piace la capacità che ha di fondere i generi (penso a Brendon, Napoleone o Gea, che mi piace moltissimo). Credo però che l’affermazione attribuita all’area Bonelli per cui “Mani in alto, Frank!” suona meglio di “Mani in alto, Francesco!” abbia penalizzato lo sviluppo di un fumetto di genere veramente italiano, anche come ambientazione. I fumetti del "Becco Giallo" mi sono piaciuti moltissimo e mi sembra un’ottima idea per raccontare la nostra storia recente. Spero che continuino alla grande.
KZ: Qual è l’ultimo fumetto che hai letto e ti è piaciuto?
CL: Mi sono riletto tutti i Frank Miller su "Sin City", data l’uscita del film che ho visto in ritardo. Mi sono piaciuti come la prima volta.
:::IL CINEMA:::
KZ: La tua avventura nel cinema ti ha visto al fianco di un maestro indiscusso del thriller all’italiana come Dario Argento con Nonhosonno, ma non ha generato proprio un capolavoro (perdona la franchezza). Cosa non ha funzionato?
CL: Non saprei, io ho solo collaborato alla sceneggiatura precisando la figura dei poliziotti e fornendo un piccolo contributo alla struttura del giallo. A me non è dispiaciuto, ma credo che un capolavoro come "Profondo Rosso", a cui il film voleva arrivare, non sia raggiungibile.
KZ: Di altro livello l’adattamento del tuo “Almost Blue” realizzato da Alex Infascelli (quest’ultimo al suo debutto con quel film). Cosa ne pensi del risultato finale?
CL: Qui proprio non ho collaborato in alcun modo e sono andato a vedere il film da spettatore. Il film è molto diverso dal romanzo, e Infascelli interessavano cose diverse da quelle che mi hanno spinto a scrivere quella storia, tipo i colori visti dal ragazzo cieco e la figura di Grazia Negro. E’ un film visionario e molto duro, che mi è piaciuto ma mi ha deluso dal punto di vista della struttura narrativa. Credo che in questo senso nel film ci siano molte parti del mio lavoro di cui avrebbe potuto benissimo fare a meno.
KZ: La dimensione del racconto pare esserti particolarmente consona. Nell’introduzione de Il lato sinistro del cuore applichi l’efficace metafora albero-romanzo/bonsai-racconto. L’equivalenza vale anche per il cortometraggio? Non pensi sia una perfetta modalità di narrazione (soprattutto in termini di tempistiche) per il genere giallo/poliziesco/mistery?
CL: Non lo so. Il noir e il giallo hanno bisogno di una preparazione abbastanza lunga prima di lanciare l’epilogo e il colpo di scena. Con la scrittura tutto questo si può considerare in poche parole e molte elisioni. Non so se si possa fare lo stesso con l’immagine. Ma io sono uno scrittore, e ragiono da scrittore, magari sbaglio…
KZ: Hai mai pensato di occuparti in prima persona nella direzione di un film?
CL: Me lo hanno proposto ed ho accettato, anche se si tratta di una co-regia assieme a Fabio Sabbioni. Dovremmo girare “Laura di Rimini”, ma aspettavamo il finanziamento dallo Stato e siamo stati bocciati. Peccato perché sembrava che il progetto potesse avere una sua solidità sia dal punto di vista autoriale che commerciale. Comunque, vedremo…
KZ: Quale tua storia vorresti fosse adattata per il grande schermo e con quale cast?
CL: L’isola dell’angelo caduto. Non sono bravo con il cast, ma se potessi scegliere il regista vorrei Roman Polanski.
KZ: Vedi più adatta alle tue storie una versione cinematografica, una fiction o un fumetto?
CL: Scarto la fiction perché le produzioni televisive hanno troppi problemi, tipo l’esigenza di essere una miniserie in più puntate, piacere per forza a tutti e avere campi lunghi e dialoghi semplici se no la gente si distrae e cambia canale (naturalmente non è vero, ma questo non importa). Al fumetto preferisco il cinema, ma solo perché ho più dimestichezza con le strutture narrative di quel mezzo e riesco ad immaginare meglio gli adattamenti.
KZ: Prima di salutarci, Carlo, vuoi anticiparci qualcosa di “Eritrea”, il nuovo romanzo a cui stai lavorando?
CL: E’ un romanzo diverso da quelli che ho scritto fino ad ora. E’ corale, con tanti personaggi e tante storie che si intrecciano, non solo noir. Sto facendo esperimenti e mi sta piacendo molto. Ci sono dentro, che è meglio che dire sono all’inizio ma non è ancora come dire che lo sto finendo. Se viene come spero sarà molto bello. Spero.
E non abbiamo motivi di dubitarne. Tra l’altro a prova della complessità del nuovo lavoro ci sono le immagini che Lucarelli ha pubblicato sul suo blog carlolucarelli.splinder.com che ritraggono le condizioni del suo studio durante la lavorazione.
*) 4 ottobre 2005: Il senatore Francesco Servello di An ha presentato un'interrogazione parlamentare nei confronti della puntata di Blu Notte dedicata alla violenza degli anni '70. L'esponente di An ha denunciato il carattere tendenzioso della ricostruzione, incompatibile con la funzione di servizio pubblico svolto dalla RAI. Secondo Servello inoltre i commenti e i racconti del conduttore sono apparsi orientati politicamente ed ideologicamente. Il senatore ha chiesto iniziative per accertare le cause che hanno permesso una così grave violazione delle regole del servizio pubblico e per richiamare, secondo quanto previsto dal contratto di servizio, i dirigenti della RAI alle loro responsabilità.
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